Si avvicina Roma-Napoli e cogliamo il pretesto per affrontare un tema importante. Ricorre infatti il cinquantenario di una delle cose più idiote da stadio del nostro calcio. Era il 1973 e proprio a Napoli si stava diffondendo il vibrione del colera e fu vietata ai partenopei una trasferta di Genova in Coppa Italia per ragioni sanitarie. Da lì si diffuse un coro che inneggiava proprio al contagio che c’era in città.

Dall’epoca in poi è stato un crescendo di involuzioni a livello di idiozia, di espressione orale di tutto il becerume che prende a pretesto tragedie cittadine secolari, vedi Pompei o il terremoto, che molti di noi si vantano di non aver mai cantato. Dobbiamo innanzitutto sperare che questo finisca, ma dopo il Covid tutto sembra essere ripreso come e peggio di prima. Bisogna essere spietatamente realisti come diceva Leopardi, uno che alla fine della vita amò Napoli. Detto questo, non bisogna fare un errore ulteriore: la discriminazione tra discriminazioni. Quando si canta contro Napoli in ogni stadio d’Italia, o quando si affrontano due tifoserie che in quella domenica non dovrebbero pensare a Napoli ma si producono in questo fenomeno ancora più avvilente, c’è giustamente ampia diffusione.

Se però la Curva A o la Curva B del Napoli cantano cori contro Roma, magari per tutto un secondo tempo, questo si vede solo attraverso diffusione su Youtube o di video privati. Ci sono tanti fenomeni di questo tipo. Se i tifosi dell’Atalanta se la prendono con il Presidente della Fiorentina Rocco Commisso, per le sue origini meridionali, c’è un risalto molto minore. In tal caso si commette un’ingiustizia ulteriore che è come il ricamo sulla vomitevole idiozia dei cori che inneggiano al terremoto o al Vesuvio. La cosiddetta discriminazione territoriale vale anche quando le toscane sono tutte prostitute, il coro lo conoscete bene, o quando si canta romanista ebreo. Tra l’altro in quest’ultimo caso si sovrappone una ulteriore forma di razzismo che affonda le radici in una tragedia storica e quindi l’ignoranza tocca un picco se possibile ancora più alto.

Non facciamo l’errore di mettere la lente di ingrandimento sopra un caso macroscopico di idiozia come quello dei cori contro tutto ciò che la città di Napoli rappresenta di positivo stravolgendolo in negativo. Napoli è luogo di cultura, bellezza e civiltà. Si fanno emergere invece i luoghi comuni opposti che fanno sì che noi italiani denigrandoci a vicenda insieme si finisca per denigrare il nostro paese. Il calcio non è una cosa da poco o un fenomeno irrilevante. Quindi non istituiamo una graduatoria di maggiore o minore gravità degli insulti tra una città e l’altra. Poi non arriviamo a far pensare che il coro dove le toscane sono tutte prostitute è un semplice episodio di maleducazione, mentre la discriminazione c’è solo quando c’è di mezzo Napoli. Questo è un modo per discriminare ancor di più la tifoseria azzurra. Quando al Maradona si canta “Romanista ecc…“, o quando si invoca che venga giù il Duomo di Milano, va ritenuto discriminatorio come in tutte le occasioni vomitevoli in cui si inneggia al Vesuvio. E’ un modo di cominciare a ragionare. Non commettiamo anche noi gli errori di un certo ‘luogocomunismo‘. Purtroppo sentiremo ancora questi cori, ma noi cerchiamo di elevarci sopra i luoghi comuni e oltre l’idiozia di chi fa di tutto per far parlare di sé.