Leggiamo in questi giorni che è stata presa una decisione decisiva e radicale presso il Ministero dello Sviluppo Economico: si è infatti deciso di rimuovere la foto di Mussolini per evitare polemiche. La foto di Mussolini era presente da tempo, insieme a molte altre, non di certo con funzione encomiastica ma semplicemente per funzione storica.

Possiamo dirlo senza tema di smentita, la pericolosa vacuità della cancel culture neo-progressista è sbarcata anche in Italia. Come sappiamo la cancel culture, che proponiamo di tradurre con ‘cancellazione della cultura‘ e non ‘cultura della cancellazione’, è un prodotto americano che trova la propria fucina di elaborazione nella civiltà del dollaro che già da tempo è il luogo epifanico privilegiato del nichilismo connesso alla forma merce alla sua saturazione del globo e dell’immaginario.

Bisogna essere chiari su questo punto, la cancel culture è un nemico pericolosissimo che ha appena iniziato ad assestare i suoi colpi decisivi. Sotto questo riguardo possiamo dire senza tema di smentita che la cancel culture pretende di fare una sorta di giustizia storica mediante la cancellazione del passato, in particolare fa valere un imperialismo del presente tale per cui la cultura o subcultura contemporanea fondata sul progressismo illimitato pretende di proiettarsi all’indietro e di giudicare quasi fosse un tribunale l’intera umanità, cancellando di volta in volta tutto ciò che non sia coerente con il presente stesso. Ecco allora che le statue di Cristoforo Colombo vengono abbattute, i pilastri della civiltà occidentale quando non giudicati coerenti con il presente vengono demoliti e chissà quante altre cose ancora, nei prossimi anni vedremo volare in frantumi perché giudicate illegittime dal punto di vista della ragione progressista contemporanea.

Bisogna essere chiari su questo punto: il passato non si cancella, il passato si lascia dov’è per conoscerlo, per emularne la grandezza e tante volte anche per evitare i suoi errori. L’erramento più grande sta nel pensare di fare giustizia cancellando con un colpo di spugna ciò che è stato, pretendendo cioè di rimuovere il passato facendo finta che esso non fosse mai esistito.

Sotto questo riguardo è un errore gravissimo quello della cancel culture e bisogna evidenziarlo senza tema di smentita, bisogna ricordare che il passato è anche denso di errori, di tragedie, di limiti, ma questo non è di certo un motivo per cancellarlo, semmai è un argomento in più per apprendere da esso per ricordarlo, per studiarlo e per evitare che esso torni a verificarsi con tutte le sue tragedie e tutti i suoi supplizi.

Diceva bene Adorno, che vi è una funzione paideutica educativa nella memoria e tale funzione sta nel rammemorare il passato per evitare che si ripetano i suoi errori e per far sì che lezioni del passato vengano scolpite nella nostra mente. Ecco perché abbiamo bisogno, per dirla con Nietzsche, di un rapporto critico con la storia, vi è un’utilità e un danno, certamente dobbiamo non lasciarci sopraffare da essa come se dominasse ogni nostra azione ma non dobbiamo nemmeno liberarci dalla storia come pensa di fare l’uomo contemporaneo in balia dell’ideologia dell’end of history messa a tema da Fukuyama. Abbiamo bisogno di un rapporto critico con la storia, esattamente l’opposto di quello fatto valere dalla subcultura detta cancel culture che è ufficialmente sbarcata anche in Italia.

Radioattività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro