È notizia discussa in questi giorni quella secondo cui la Grecia, dopo dodici anni, esce dalla sorveglianza rafforzata dell’Unione europea. Insomma, la martoriata Grecia riconquista parte di quella libertà che le era stata oscenamente negata dal sistema usurocratico e repressivo dell’Unione europea, più precisamente di quell’Unione europea che altro non è se non l’Unione delle classi dominanti d’Europa contro le classi lavoratrici e i popoli europei. Insomma, il supplizio della Grecia sembra potersi considerare come l’emblema stesso dell’Unione europea, che è esattamente l’opposto di quel che viene raccontato dai padroni del discorso politicamente ed europeisticamente corretto.

L’Unione europea viene celebrata urbi et orbi come il trionfo della democrazia, dei diritti e dell’integrazione. In verità, si tratta esattamente dell’opposto: l’Unione europea non è altro se non il trionfo del capitale quale si è venuto riorganizzando dopo l’annus horribilis del 1989, sicché l’Unione europea coincide de facto con il potenziamento di un capitalismo vincente che passa all’incasso o, fuor di metafora, che può martoriare liberamente le classi lavoratrici e ora anche i ceti medi, massacrando letteralmente i popoli dell’Europa tutta, vale a dire le classi che vivono del loro lavoro. Ecco perché l’Unione europea ha significato fin da Maastricht (1992) né più e né meno che un massacro di classi a senso unico contro le classi lavoratrici e contro i ceti medi. In sostanza, una lotta di classe dall’alto, per citare il compianto sociologo Luciano Gallino.

Ma poi l’Unione europea è coerente con l’avanzata del capitalismo senza frontiere e con il tableau de bord della plutocrazia neoliberale, anche in ragione del fatto che essa è, né più e né meno anche in questo caso, se non la distruzione organizzata dell’identità dei popoli linguistica e culturale e financo culinaria. L’Europa procede per disintegrazione dell’identità, nient’affatto per integrazione come si suole dire in maniera preordinata. L’Unione europea è la disidentificazione del Vecchio Continente, ridotto a entità priva della propria cultura e della propria Storia. E sotto questo riguardo, il supplizio della Grecia è anche simbolico: è la distruzione della patria di Platone e di Aristotele, di Omero e di Callimaco. In sostanza, la distruzione della nostra identità storica europea.

Possiamo bene dire che l’Unione europea dev’essere combattuta, dacché la lotta contro il capitalismo e il nichilismo tecnico passa per il nostro continente dalla lotta contro l’Unione europea. Del resto non è forse vero che qualche araldo dell’ordine neoliberale disse, senza alcun pudore, che la Grecia era, sic, “il più grande successo dell’Euro”? Ed è proprio così, in effetti: da un punto di vista squisitamente liberista, la Grecia martoriata dalle politiche repressive dell’Unione europea rappresenta infatti il più grande successo dell’Euro, vuoi anche la compiuta attuazione del tableau de bord dello spietato patriziato cosmopolitico turbo-capitalistico: imbarbarimento delle condizioni dei ceti medi e delle classi lavoratrici, repressione e distruzione del sistema welfaristico, privatizzazioni selvagge di ciò che prima era pubblico. Insomma, lo sventurato caso della Grecia rappresenta non già un’eccezione infelice, bensì l’essenza stessa dell’Unione europea come trionfo del capitalismo assoluto. Insomma, un paradigma che è da monito per tutti i popoli europei e, per dirla con il Poeta Sommo, “lasciate ogni speranza voi ch’entrate”.

Radio Attività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro