“Vergogna, vergogna” questo è stato il titolo oggi su “La Stampa”. Quindi il Parlamento, la Repubblica Parlamentare si deve vergognare perché ha detto “no” a Mario Draghi. Quindi, praticamente, tutti questi direttori di giornale, tutti questi presidenti di qualcosa – dalla bocciofila a confindustria, passando per l’Associazione Combattenti e Reduci – si stanno mettendo le mani nei capelli perché Draghi è stato di fatto sfiduciato (pur non essendo stato sfiduciato in senso tecnico ma politico).

Perché Mario Draghi è Mario Draghi? Fondamentalmente perché un pezzo di quei direttori, di quella stampa, di quella televisione che oggi lo osanna ha in qualche modo bevuto il calice amaro della tecnocrazia: la democrazia cioè non vale tanto quanto deve valere la tecnocrazia, cioè il potere dei tecnici (e Mario Draghi è il competente, il tecnico, il saggio, il migliore per eccellenza). Poi ci sono quelli che non hanno capito l’operazione di fondo: Mario Draghi era qua e viene difeso non da quelli che oggi dicono “vergogna”, non da quelli che hanno sfilato (quattro gatti) a favore di Mario Draghi, non da i 2000 sindaci che, senza neanche passare dai consigli comunali, hanno scritto la famosa lettera. Non è questa roba che voleva e vuole Mario Draghi.

Cosa voleva Draghi?

Il vero potere che voleva e vuole Mario Draghi, quello per cui è stato messo qui, è un potere molto più pesante, che non si fa vedere. Un potere fatto di pochissime persone, un potere elitario. È il potere fatto dagli altri Stati, da quegli Stati che telefonavano direttamente a Draghi per dire “ma quindi che fai?” e lui gli avrà spiegato che di fatto non c’erano più le condizioni per poter avere non solo carta bianca, ma carta bianca e frusta. Effettivamente, quando devi andare incontro alle elezioni, prima o poi, i partiti il sangue non te lo donano più. È normale, siccome la scadenza naturale della legislatura sarebbe stata tra 8 mesi, era normale che prima o poi qualche partito avrebbe detto “adesso basta”. Quindi lui aveva capito: “io non sarò più in grado di fare fronte agli impegni che ho preso con quei poteri (poteri di altri Stati, poteri delle multinazionali, della finanza, di quei club che si riuniscono per spartirsi ciò che resta delle democrazie dei paesi)”. E alla fine ha detto: “Ragazzi devo cercare la modalità per andarmene”.

Quindi Mario Draghi non è stato soltanto ingenuo nel far finta di non conoscere le regole del gioco parlamentare, ma ha costruito un discorso tale per cui qualcuno si incazzasse, alzasse la voce. Quel qualcuno c’è stato, quel qualcuno che ha detto “basta, non ingoio più nulla”. Ma, a maggior ragione, dopo un discorso fatto toccando delle corde assolutamente provocatorie. Sentire oggi parlare ancora di riforma delle pensioni ci riporta ovviamente alla famosa lettera, vergata tra l’altro anche da Mario Draghi, con cui si misero le condizioni per il Governo Monti e quindi per la Riforma Fornero. Poi ha parlato della riforma del catasto, quindi non solo sugli anziani devi andare ad abbattere al scure, ma anche sulla riforma del catasto andavi a chiedere ulteriori tasse agli italiani. Lo sanno tutti che gli italiani sono oggetto di una predazione perché, tra le altre cose, la ricchezza degli italiani si fonda anche sui patrimoni immobiliari: quindi la riforma del catasto serviva per far pagare sempre di più. Poi ho sentito dire di questo mercato, ho sentito parlare tre volte degli stabilimenti balneari, come se l’urgenza dell’Italia siano gli stabilimenti balneari. Una volta ha parlato, invece, di mafia. Poi ho sentito parlare di un ulteriore carico di armi (offensive stavolta) da destinare all’Ucraina, questo vuol dire che nessuno voleva costruire la pace lì, ma volevano continuare a costruire le condizioni di tensioni internazionali.

Ecco perché è un bene che Draghi non ci sia più. Ora bisogna capire che cosa accade, bisogna capire se qualcuno ancora rovinerà, graffierà, bucherà la democrazia. Ma di questo parleremo la prossima volta quando la nebbia incomincerà a diradarsi.

La Pietra di Paragone