La questione è comune, ma non banale. Comune perché continua a capitare in varie forme, anche se quasi mai in favore di telecamera; non banale perché quelli che la banalizzano non sono differenti quasi in nulla da quelli che allungano la mano. Anzi, questi ultimi, miserabili, si sentiranno sempre autorizzati a farlo finché ci saranno quelli che diranno “Lascia perdere”, che è un sinonimo di “Non ci pensare” o “Che sarà mai?”.
E sarebbero miserabili anche se la mano l’avessero allungata sul gomito, o sulla clavicola di Greta Beccaglia. E di tutte quelle che a differenza di Greta Beccaglia, che fa la giornalista sportiva su Toscana TV, non hanno a disposizione la cassa di risonanza per far rimbombare lo sdegno.

L’hanno allungata sul sedere della giornalista perché questi pseudomaschi riescono a vedere una donna – che non sia la loro madre, moglie o sorella, beninteso – soltanto con lo sguardo da “banco carni” che precede il gesto; non sono in grado di apprezzare tra se e sé, come è legittimo, le grazie, che siano le gambe, il seno, gli occhi di una persona che nella fattispecie è una donna. Sono solo abituati a vedere in una “femmina” un bel culo, o un paio di tette. E di conseguenza a “pensare” di poter allungare la mano. Ad alzare lo sguardo sugli occhi non arrivano, perché quello sarebbe già un confronto, cosa alla quale nessuno li ha educati a dovere, evidentemente.

Del conduttore che era in studio non ci interessa in queste righe fare il nome, peraltro arcinoto a livello locale; non ci interessa perché egli è più che altro un prototipo, un esempio preso dal “coro” di quelli che minimizzano perché non capiscono, non si sforzano di capire; non si immedesimano, soprattutto non si indignano perché non ne sono capaci.

Però finché saranno solo le donne a immedesimarsi davvero e a provare autentico sdegno per certi gesti o per certe espressioni, cambierà poco o niente. Ci vuole un coro di uomini che alzino la voce per dire che con certi maschi che non valgono una lira non vogliono avere nulla a che fare; che non ne possono più di essere accomunati a porci del genere.

Perché se non saremo noi a dire “Siamo tutti Greta Beccaglia” e tutte le altre che devono subire anche “soltanto” una battuta sessista al bar, o in ufficio, non si metterà a fuoco che quelli che all’esterno passano per essere una frase fuori posto o un gesto grossolano, sono in realtà ferite nell’anima, che lasciano cicatrici di offese e frustrazione.

Paolo Marcacci