Un recente studio svolto dall’Università di Oxford ha preso in considerazione la contagiosità di persone vaccinate e non vaccinate contro il Covid-19. I numeri mostrano che il vaccino riduce in media del 50% la possibilità di contagiare per la variante Delta. Si tratta di un buon dato dal punto di vista medico, ma bisogna tener presente che la riduzione della possibilità del contagio è del 50% e dunque non viene azzerato totalmente il pericolo di contagiare, bensì ridotto.

Un aspetto fondamentale in tale studio è quello relativo alle tempistiche. Dopo 12 settimane dalla vaccinazione, ovvero 3 mesi, non vi è più alcuna differenza nella trasmissione della variante Delta tra vaccinati e non vaccinati. Vaccinati e non vaccinati, dunque, risultano essere assolutamente uguali soltanto 3 mesi dopo l’inoculazione.
L’assunto principale su cui si regge il Green Pass – ovvero che i vaccinati non contagiano – non trova dunque riscontro nel mondo scientifico. Il commento del dottor Marco Cosentino, farmacologo, a ‘Un Giorno Speciale’.

“Non sono un virologo né un infettivologo. Sono un farmacologo ed esserlo oggi vuol dire tantissime cose. Io interpreto la professione dal punto di vista medico-clinico. Sono appassionato del tema delle ricerche e valuto la metodologia dei prodotti medicinali e della ricerca scientifica. Mi ha coinvolto tantissimo la valutazione dei diversi medicinali e approcci preventivi e di cura del Covid. Questo mi porta ad identificare una serie di aspetti che possono essere discussi anche in relazione ai provvedimenti più recenti. Rispetto alla questione delle pubblicazioni scientifiche, tutti noi ricercatori ne produciamo e spesso valutiamo quelli di altri.

La scorsa settimana ho parlato in Senato di uno studio ed è stato contestato che questo non sia stato sottoposto a valutazione tra pari. Questo lavoro è alla base della mia relazione. Un’altra questione preliminare è che noi siamo intrappolati in un cortocircuito politicamente stabilito tra il tema della certificazione verde e quello della vaccinazione. Che poi il decisore politico sia imbarazzato di fronte all’adozione di questo strumento e voglia trovare una ragione di natura medico-scientifico, è comprensibile. Questa ragione medico-scientifica però è flebile e non regge. Non si tratta di dire che i vaccini non funzionano: abbiamo una documentazione chiara sui benefici di questo prodotto. Abbiamo però il dovere di parlare anche dei limiti.

Il vaccino riduce il rischio di malattia, però quando parliamo dobbiamo inserire sia la dimensione dell’intensità dell’effetto che non è al 100% anche se è un’ottima cosa avere a disposizione un prodotto del genere. C’è anche una durata temporale. La durata dell’effetto sul rischio di sviluppare malattia ha una durata di 5-6 mesi in media. La durata dell’effetto sulla riduzione di contagiarsi è inferiore: i contagi in soggetti vaccinati possono intervenire anche precocemente. Questi vaccini sono efficaci in condizione di distanziamento con le mascherine e tutte le altre cautele. Non sappiamo cosa potrà succedere senza queste misure. Abbiamo delle evidenze: lo studio citato ci dice qualcosa sul tema di contagiarsi e contagiare. Questo è un primo studio che attende conferme e verifiche ma è uno studio solido in Gran Bretagna, che ci dice che sul tema dei fattori associali sul rischio di contagiare altri, che la vaccinazione ha una sua utilità per un periodo di 2-3 mesi dal completamento del ciclo. Anche nel momento migliore però questa riduzione non va mai a zero. Allora non è zero e non dura più di quel tanto. Fondare tutto sulla vaccinazione e dire che post vaccinazione si è in una bolla che garantisca rispetto al fatto di non contagiarsi e contagiare, è assolutamente antiscientifico”.