L’emergenza sanitaria da Covid19 ha messo a dura prova anche tutto il settore culturale del nostro paese. Infatti, sin dal primo decreto, teatri, cinema e spettacoli (dal vivo e non) sono stati sospesi, messi all’angolo dai vari Dpcm che si sono susseguiti da un anno a questa parte ormai. I professionisti del settore si ritrovano bloccati, ma per quanto tempo ancora? Per adesso nessuna notizia chiara emerge al riguardo.
Perlomeno in Italia. Sì, perché in altri Paesi stanno sperimentando concerti live supervisionati, al fine di analizzare l’andamento del contagio in diretta e ipotizzare, in base a questo, le riaperture dei vari locali. L’ultimo “concerto-test” è stato fatto a Barcellona e ha contato circa 5.000 persone. Tutti i partecipanti sono stati sottoposti al test antigenico e poi, senza distanziamento sociale, hanno potuto assistere allo spettacolo live.
Il Presidente di Assomusica Vincenzo Spera è intervenuto in diretta ai nostri microfoni affermando che “Se non c’è una programmazione nel breve e lungo periodo sarà difficile rimettere insieme tutti i cocci”, lanciando così un appello a chi di dovere. Il Presidente inoltre ci ha anticipato che anche nel nostro paese sono previsti esperimenti ma, come accade speso, la burocrazia tarda e i lavoratori ne risentono ogni giorno di più. Cosa si può fare per far ripartire il nostro settore culturale in tempi brevi?
Ecco le riflessioni al riguardo proprio di Vincenzo Spera durante la trasmissone “Lavori in corso”.
“Sapevo del concerto a Barcellona da molto prima. Diciamo che gli organizzatori catalani fanno parte di un’associazione come la nostra, con cui siamo riuniti in un’altra associazione europea. Diciamo che c’è un po’ di scambio di posizioni e di realtà operative. La Spagna e la Catalogna, che ha più autonomia, sono riusciti a trovare un elemento unificatore che era l’università e quindi è stato molto più facile che in Italia. Noi, in effetti, da un paio di mesi stiamo lavorando a queste ipotesi di esperimenti, siamo sulla buona strada ma stiamo aspettando risposte da chi possa garantire che i dati che vengono analizzati siano fatti da un soggetto terzo.
Si stanno perdendo buona parte delle figure professionali e non sarà facile, nel momento in cui si ricomincia, averle pronti e via. Bisogna anche ricostruire un tessuto lavorativo che, in qualche modo, viene a mancare in questi due anni. Se non c’è una programmazione nel breve e lungo periodo sarà difficile rimettere insieme tutti i cocci e quindi ne va a discapito delle famiglie e delle anime degli spettatori che gioiscono a ogni concerto.
Noi stiamo lavorando con alcune aziende sanitarie e realtà regionali. Ora stiamo cercando di andare avanti, ci batteremo affinché questa estate ci facciano lavorare con capienza almeno doppia rispetto all’anno scorso. La forza ci arriva dal pubblico che incontriamo per strada anche inconsapevolmente. Credo che questa sia anche una funzione sociale che noi svolgiamo.
Fare come a Barcellona? Non siamo ancora partiti perché vogliamo avere le certezze: sia per chi fa la fase preliminare con i tamponi tre giorni prima con verifica agli ingressi, sia poi nella fase successiva che è quella più importante per testimoniare scientificamente il risultato. E’ chiaro che nessuno ha costretto i partecipanti, si sono offerti perché è più forte la voglia di ripartire che non la paura di prendere il virus. Io credo che siamo vittime di algoritmi”.