È noto quel che è accaduto in questi giorni negli Stati Uniti d’America. È probabilmente il tramonto di una civiltà, quella dell’hamburger, che ormai palesemente ha dimostrato non soltanto di non avere democrazia sostanziale – e infatti è una plutocrazia – ma ora ha rivelato di avere altresì anche un’assenza palese anche di democrazia formale: sia che abbiano ragione i manifestanti pro-Trump, e in qual caso sarebbe mancata la democrazia formale perché vi sarebbero stati i brogli, sia che invece abbia ragione Biden e quella a cui stiamo assistendo è una vera e propria messinscena che prelude a una sorta di colpo di Stato.

Ma non è di questo che voglio parlare, sinceramente quel che è ovvio è che d’ora in poi gli Stati Uniti non potranno mai più permettersi di dare lezioni al mondo intero su cosa sia la democrazia, magari anche esportandola. Loro, che così poca ne hanno in casa propria.

Vorrei invece portare l’attenzione su un aspetto che forse potrà apparire marginale, ma che in realtà mi pare di nodale importanza.
È infatti accaduto in queste ore che Mark Zuckerberg ha annunciato che il blocco degli account Facebook e Instagram del presidente Donald Trump andrà avanti “a tempo indeterminato e per almeno le prossime due settimane fino al completamento della transizione pacifica al potere“.

In sostanza Mark Zuckerberg, un privato a capo di Facebook e Instagram, ha deciso di sospendere gli account di Trump per rendere possibile – dice – la transizione pacifica al potere.

Ora, quello che è davvero dirimente in questa vicenda è che un privato proprietario di un colosso e-commerce si permetta di silenziare, o se preferite di staccare la spina (sia pure solo pro tempore) non solo a una persona, e già questo sarebbe gravissimo intendiamoci, ma addirittura all’uscente presidente degli Stati Uniti d’America.

Intanto se fossimo in Italia bisognerebbe dire che è impossibile che un privato impedisca a qualcuno di parlare o di accedere nel suo locale pubblico perché vi è una costituzione. Non è quindi possibile silenziare o escludere qualcuno dalla propria attività perché – supponiamo – biondo, nero o dalle idee politiche non gradite.
Ma poi soprattutto la cosa evidente è che con queste piattaforme digitali ci troviamo in una sorta di terra nullius, fuori da ogni logica, un territorio vergine che non risponde a nessuno Stato nazionale e che è, per così dire, un impero invisibile gestito da oligarchi e-commerce e da colossi multinazionali, come appunto Zuckerberg rivela di essere.

Sempre più spesso appare allora limpidamente come questi colossi, questi pretoriani del capitale no-border, siano al di sopra degli Stati sovrani nazionali e possano all’occorrenza determinare scelte che sono politiche intrinsecamente e che vanno al di là della sovranità degli Stati.
Addirittura possono silenziare pro tempore il presidente uscente degli Stati Uniti d’America Donald Trump, o possono – come già accaduto più volte con un’altra rete sociale quale Twitter – silenziare il presidente uscente degli Stati Uniti d’America cancellando i suoi cinguettii.

Ecco allora che sta prendendo forma una nuova potenza sovranazionale legata allo spazio del web dominato da oligarchi senza frontiere e senz’anima, oserei dire, che imperversano nella rete e stanno al di sopra di tutto e di tutti.

RadioAttività, lampi del pensiero quotidiano – Con Diego Fusaro