Settimana quantomeno destabilizzante, oltre che paradossale, per usare un eufemismo, quella che i tifosi della Roma si sono lasciati – o hanno tentato di lasciarsi – alle spalle. Anche i romanisti di generazioni che pensavano di averle viste tutte si son forse dovuti ricredere. 

A proposito di paradossi, prima del fischio iniziale di Pairetto ce n’è uno legato a un interrogativo: è chiaro il destino del tecnico in caso di sconfitta; ma in caso di vittoria? Dopo tutto quello che si è detto, scritto, ipotizzato in settimana, pure con i tre punti in tasca quanto risulterebbe rinsaldato Fonseca sulla panchina? E, soprattutto, fino a quando? 

Poi, un quesito mancante di riprova: ve lo immaginate un pomeriggio come quello di oggi, all’ingresso delle squadre in campo, se ci fosse stato il pubblico? Forse sarebbe stato difficile anche per i più smaliziati fra i vari bookmakers il più insultato, assenti compresi. Forse, alla fin fine a Fonseca sarebbe andata meno peggio (il meglio non esiste, in situazioni così) che ad altri. 

Detto ciò, l’andamento di certe partite e soprattutto l’intenzione che può avere una squadra ferita e forse anche frastornata, si capisce sin dai primi minuti: in questo senso, la sintomatologia motivazionale e, almeno in parte, prestazionale, traduce le buone intenzioni degli uomini di Fonseca, che trovano il vantaggio con Mayoral, ricamano con un Pellegrini autorevole sulla trequarti, cercano di aggradire gli spazi in ripartenza per vie verticali, almeno fino al momento del pareggio ligure: episodico, estemporaneo, quasi delittuoso per come la Roma si complica la vita in area con un crescendo di imbarazzi che culmina con la respinta cortissima di Pau Lopez, a beneficio prima di Farias e poi del realizzatore Piccoli. Da quel momento in poi, oltre al rinserrarsi delle linee dello Spezia, si assiste alla perdita di scioltezza della Roma, come se un fardello di preoccupazioni le precipitasse sulle spalle. In questi casi un tecnico non ha colpe. 

Nel secondo tempo, mille episodi e mille, contrastanti, fasi emotive: il quattro a tre finale è figlio di una serie di episodi e di errori in fase difensiva; il più clamoroso, nonché tecnicamente inspiegabile, è quello con il quale Smalling regala il momentaneo tre a tre. Nemmeno il tempo di interrogarsi su quelli che sarebbero, in tal caso, i destini del tecnico che arriva l’ennesimo ribaltamento di fronte con la rete di Lorenzo Pellegrini. L’istantanea di un abbraccio corale, condiviso, rabbioso, se volete anche isterico è quella che non solo conclude il pomeriggio ma che lo rappresenta e lo riassume, con Fonseca in mezzo e con gli istanti dilatati in una sorta di ricompattamento di uomini e intenti. 
Ecco: la Roma ricominci da quell’abbraccio. 

Paolo Marcacci