Penso che le grandi squadre di calcio non abbiano bisogno d’esser aiutate dagli arbitri per vincere una partita. Ieri sera, senza dubbio, l’Inter ha dimostrato di essere più forte atleticamente, tecnicamente e mentalmente del Benevento, ma alcuni interventi arbitrali in favore dei nerazzurri, se fossero stati valutati con un senso di giustizia sportiva concreto, avrebbero invece potuto cambiare la partita in favore della strega.

Perché si sa, il calcio si gioca, sì, con i piedi, ma il motore-avvio, imprescindibile per vincere, è il cervello. E undici cervelli che hanno, dopo pochi minuti, la percezione di aver subito un’ingiustizia, sono indotti a ‘mollare’ ‘tanto è già tutto prestabilito’ ‘gli arbitri aiutano le grandi squadre’; ‘hanno anche loro le sudditanze psicologiche’, ecc. Chiarito ciò, l’Inter, con probabilità, avrebbe vinto lo stesso, ma non per 4 a 0.

Dopo pochi minuti dall’inizio, su un calcio di punizione tirato da Eriksen, il suo compagno Ranocchia non trova l’impatto giusto col pallone, e trascina Improta (che era alle sue spalle) a toccare e correggere la traiettoria, di quel poco, che serve per togliere a Montipò la possibilità di parare. Era appena il sesto minuto di gioco, il risultato diventava, Inter 1 Benevento 0 e il sioux sannita si accolla un senso di colpa limitante per tutta la partita.
I campani iniziano così, a sentire i primi rintocchi del pallone giocato dai lombardi (si fa per dire) da destra a sinistra, da sinistra a destra, in alto e rasoterra, e finiscono per schiacciarsi al limite della propria area, da dove, non potendo fare altro, guardano come se fossero allievi, il gioco quasi perfetto dei nerazzurri. E poi c’è Barella, che contrariamente all’associazione che sul proprio cognome si può giocosamente fare (se il sardo lo permette) si mette in luce nel suo spazio-emotivo desto, verticale, fatto di velocissime e profonde incursioni orizzontali, dopo anticipi ‘garrosi’ che dimostrano la sua concentrazione e voglia di vincere a ogni costo.

All’11′ il bravo Depaoli fa un passaggio per Lapadula, che in vantaggio rispetto ai difensori nerazzurri, si mette furbescamente davanti a Ranocchia, il quale lo travolge, in area di rigore. L’arbitro Pasqua, anticipa la sua festività religiosa in casa Inter, facendo continuare l’azione come se nulla fosse accaduto. Anche se il fallo (come visto) è stato commesso fuori dall’area di rigore, se fosse stato fischiato, sarebbe potuto diventare pericoloso per i contiani. Il posto da cui calciare, sarebbe stato ideale per una delle famose punizioni di Nicolàs Viola, e le sorti della partita sarebbero potute esser state diverse. Ma il gioco del calcio, come si sa, non si fa con i ‘se’ di una serie di congiunzioni dal valore ipotetico, ma freudianamente, con la somma dei sé di ogni singolo calciatore.
Al 15′ Caldirola atterra Lautaro Martinez, toccando forse la calce sulla riga dell’area di rigore. Si incarica della battuta Eriksen che esegue un cross in mezzo all’area, ma la difesa del Benevento risolve positivamente la situazione. Tutto il resto del primo tempo e il secondo, è segnato dal dominio incontrastato dell’Inter.

Concludendo questo articolo, voglio far notare (lo ha fatto in modo elegante e diplomatico anche il commentatore, durante la partita, su Dazn) la difficoltà di Viola ad avere dai suoi compagni una palla giocabile. E’ innegabile che egli sia il giocatore di più talento e imprevedibilità del Benevento. Quello che può lanciare gli attaccanti in profondità (vedi il nuovo arrivo dalla fine del mondo) fare gol da punizione, rigore eccetera. Ma non vorrei che il calciatore reggino stia vivendo le difficoltà che esistono in modo conscio ed inconscio fra “Il genio e il gruppo”. In campo, anche in questa stagione di Serie A, si sta ripetendo ciò che è già accaduto nella stagione precedente in Serie B. Chi se ne intende di calcio ‘ha visto’ e ‘vede’ tuttora sul terreno di gioco queste condotte egoistiche che portano a errori gravi. I difensori e centrocampisti che affiancano Nicolàs, si fanno passaggi inutili all’economia della squadra, lunghissimi, di poca qualità, da sinistra a destra e viceversa; facendo passare la palla sulla testa del 10 calabrese, e facendolo faticare inutilmente, da sinistra a destra, in alto, in basso e viceversa; nel tentativo di smarcarsi per ricevere una palla giocabile. Molti di questi errori portano a gol avversari, come ieri, è accaduto ancora.

Invito il lettore a rivedere il video della partita, prestando attenzione a questo aspetto. La stagione scorsa Viola dovette andare sempre a prendersi ogni palla nelle vicinanze di Montipò e iniziare delle azioni personali, che poi (in sostanza e senza ipocrisie giornalistiche) hanno dato alla strega la possibilità di raggiungere certi record. Ieri ho visto, ripeto, il medesimo atteggiamento distruttivo degli uomini di Inzaghi. Mentre invece tutto questo cambia, quando c’è o subentra Schiattarella. Infatti, al 59esimo, appena entrato il napoletano, terzini e centrocampisti, non hanno mai più superato i venti/trenta metri senza cedergli immediatamente ogni pallone.
Penso che Schiattarella e Viola abbiano già dimostrato di poter coesistere, e anche favorire le qualità di Adolfo Gaich, attaccante argentino di ottimo valore, che potrà giovare dei lanci al millimetro del 10, dei calci d’angolo e delle punizioni e anche delle azioni di Schiattarella.

Le squadre che desiderano portare a termine un campionato dignitoso devono innanzitutto saper far coesistere, limando ogni asperità caratteriale, tutti gli uomini della rosa. Sono certo che Inzaghi, Foggia e Vigorito, sanno ciò e faranno di tutto per responsabilizzare i propri calciatori, invitandoli ad una collaborazione costruttiva in favore del gruppo, e che dia anche risalto alle peculiarità individuali. I calciatori devono essere felici, per giocare bene. E i giornalisti pure per scrivere articoli non banali.

Mimmo Politanò