Come qualificare la nostra democrazia? L’interrogativo ricorrente da più parti e da diverso tempo, è sorto nuovamente nella stagione del coronavirus a causa delle distorsioni che stiamo vivendo.

La perdita di centralità del Parlamento, arrivato addirittura alla chiusura in nome dell’emergenza sanitaria. La centralizzazione del potere in mano a pochi, incarnato da Governo, task force e comitati mai eletti dal popolo sovrano. Sono alcuni elementi che portano gli esperti a porre una questione che scontata dovrebbe essere, ma non lo è: l’Italia ha davvero raggiunto la fase di maturità nella sua vita democratica?

Alcune obiezioni che farebbero propendere per il no sono state sollevate dal professor Enrico Michetti nel corso del suo intervento ai microfoni di Fabio Duranti e Stefano Molinari.

Ecco l’analisi del Prof. Michetti a “Un Giorno Speciale”.

Dal 1989 è in atto una derubricazione della democrazia. Lo si sta facendo smontando quelli che sono i pilastri che garantiscono la separazione dei poteri, facendo gravitare all’interno del Parlamento dei soggetti di capacità modeste e si sta facendo venir meno i cardini della democrazia, proprio nella terminologia dialettica: parlare di obblighi non si fa neanche nella Cina Maoista in maniera così pervasiva.

Si sta delegittimando il Parlamento. Addirittura i parlamentari che si autoriducono anziché aumentare ma con qualità. Noi oggi abbiamo un problema che è la burocrazia che non consente al Paese di muoversi e noi abbiamo questa esigenza. Il cittadino che non conosce la legge non può neanche applicarla correttamente e potrebbe essere reprensibile in qualsiasi istante. E diciamolo con chiarezza: i giudici conosco le norme, studiano le norme molto spesso quando gli si para dinanzi il caso. Siamo arrivati a questo punto.

Qual è il limite? Quando si dice che i parlamentari siano tanti o pochi? Quando tu non hai più la consapevolezza e la percezione di eleggere qualcuno che conosci. Quando dai il tuo voto a sensazione e non è più un voto che dai con consapevolezza. Prima il principio cardine della democrazia esisteva quando il cittadino sceglieva una determinata persona su ventimila. L’Iter per diventare ministro era ampio e graduale tramite un determinato cursus onorum specifico. Oggi abbiamo gente che si è candidata nella propria città e dopo aver preso 15 voti nel proprio territorio arriva a diventare ministro. Questo sistema elettorale rischia di diventare oligarchico”.


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