Mancano pochi giorni al 18 maggio, il lunedì che dovrebbe segnare la svolta per milioni di italiani. Si va verso la riapertura di numerose attività commerciali con imprenditori e lavoratori che già negli ultimi giorni hanno avuto il permesso per preparare i propri locali alla nuova vita.

Tuttavia comunicazioni ufficiali dal Governo, in merito a ciò che avverrà nei prossimi giorni, non sono ancora arrivate. Anzi, i protocolli sanitari predisposti da alcune regioni sembrano non essere conformi alle direttive Inail prese in carico dall’Esecutivo nazionale.

Persiste l’incertezza sul futuro degli italiani. E le misure già adottate con i passati decreti, compreso il “Rilancio” annunciato ieri, hanno ricevuto parecchie critiche dagli stessi destinatari dei provvedimenti. Di tutto questo ha discusso il Segretario generale di Confesercenti Mauro Bussoni intervistato da Stefano Molinari e Luigia Luciani.

Ecco il commento di Mauro Bussoni a Lavori in Corso

Impreparazione sulle riaperture

Ci troviamo nell’imminenza delle riaperture del 18 maggio, ma tutt’oggi non si sa esattamente chi avrà la possibilità di aprire e come si dovrà aprire.

Le regioni hanno attuato dei protocolli non perfettamente collimanti con quelli presentati dall’Inail. Quelli presentati dall’Inail sono stati esposti dal ministro Patuanelli.

Ma a tuttora, che siamo a giovedì, non sappiamo ancora se saranno le regioni a stabilire protocolli. O se i protocolli saranno adottati dal Governo centrale. E comunque le condizioni che vengono previste, penso a bar e ristoranti, portano ad avere delle gestioni assolutamente anti-economiche.

Tutti vogliono riaprire. Ma il rischio è che le riaperture siano ancora peggio delle chiusure. O si rispetta in maniera rigida quanto previsto dai protocolli sanitari e ci si rimette e non si apre. Oppure si trovano delle soluzioni compatibili”.

Poche garanzie alle piccole imprese

E poi c’è un altra cosa: per cinque mesi non si potrà licenziare. Per assurdo un’impresa che ha dei dipendenti se volesse chiudere non può licenziare i propri dipendenti. Di credito alle imprese non è arrivato praticamente nulla. Una fatica per arrivare ai 25 mila euro che dovevano essere a garanzia totale dello Stato.

Alle piccole imprese sono andati 2,8 miliardi di credito. Invece quello che è stato gestito dalla Sace per le grandi imprese sono 18,5 miliardi. Anche alcune scelte che il Governo ha fatto, per l’amor di Dio legittime. Però l’esenzione dall’Irap è un provvedimento che va a favore delle imprese più strutturate.

Non dimentichiamo che sono le piccole imprese che garantiscono l’ossatura della nostra economia. Sono quelle che danno molto lavoro, anche se con pochi dipendenti. L’andare in crisi con questo tessuto, vuol dire giocarsi un pezzo del futuro.

Decreto Rilancio: quello che non va

Sul turismo, quello che è stato dato, i 500 euro a famiglia per il turismo endogeno li deve anticipare l’albergatore. Si potevano trovare anche soluzioni diverse.

Così come è scandalosa la partita della cassa integrazione in deroga. Stiamo per essere sommersi dalla burocrazia che non funziona.

Non tutte le scadenze delle tasse sono state rimandate. Io capisco che la coperta è corta con tutti i problemi di bilancio che ha il nostro Paese. Però forse qualcosa in più rispetto alla semplificazione poteva essere fatta.

Nel decreto non c’è niente sul fatto che pagare il denaro contante può dare qualche pericolo in più. Ma perché non fare un provvedimento immediato per dire che chi paga con la moneta elettronica paga meno. Diamo degli incentivi per pagare con la moneta elettronica”.


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