Ci arriva questo appello da un imprenditore con 50 collaboratori. Un appello accorato, disperato, ma che non perde la dignità e la calma che contraddistingue chi ha voglia di fare, anziché piangersi addosso. Lo scopo è far riflettere, ma è anche adoperarsi per mettere in atto un gesto forte che non sia il semplice cantare dai balconi.
#iononcistodentro è un’iniziativa che chiede a tutti coloro che non si sentono tutelati, protetti, rappresentati da quello che sta succedendo di manifestarlo.
Come? Diffondendo questo messaggio ed esponendo sui balconi un lenzuolo bianco domenica 19 aprile alle 18:00.
Un lenzuolo bianco, ma non come la resa. Bianco come un urlo pacifico di indignazione.
#IONONCISTODENTRO
Io non ci sto dentro perché in questi giorni di quarantena in cui è vitale stare a casa per il bene di tutti, nessuno ci può costringere a stare zitti.
Io non ci sto dentro perché quando è iniziata questa tragedia ho pensato di metterci tutto l’ottimismo del Mondo, cercando opportunità dove magari nessuno le vedeva ed incoraggiando tutti quelli con cui parlavo, ma poi ho visto i decreti, i DPCM, gli articoli dei soliti giornali… ed il mio solito ottimismo ha lasciato il posto allo sconforto, alla disillusione, al senso di ingiustizia ed infine anche alla rabbia.
Io non ci sto dentro, perché questa crisi non è democratica come il virus che la genera, ma discrimina, seleziona, impartisce ordini e non vede dove il male si sta insinuando veramente.
Io non ci sto dentro perché per tante persone questo è il momento di condividere con i propri cari qualche momento in famiglia, qualche momento di lettura, qualche momento davanti ad una serie tv, invece io non riesco a fermare i miei pensieri e non riesco a dire ai miei figli che non so cosa succederà domani, cosa farà tanta gente senza il lavoro e come sarà il futuro.
Io non ci sto dentro perché sappiamo tutti che gestire un paese come il nostro anche solo in momenti di pace e di tranquillità non è semplice, figuriamoci in un momento del genere. Però nessuno di chi ci governa ha alzato la mano per dire :”scusateci, questa storia è più grande di noi, abbiamo bisogno di aiuto”. Non ci sarebbe niente di male anzi sarebbe dignitoso. L’unica cosa che chiediamo è che almeno in questi frangenti non ci si debba ritrovare ad assistere alle solite guerre tra poveri politici in cerca di consenso. Questo è il momento di dirci la verità, anche se dura, anche se impopolare. Questo è il momento di agire per tutti.
Io non ci sto dentro perché sono settimane che, giustamente, sento parlare e lodare i nostri medici in trincea, i nostri infermieri; eroi e martiri di una guerra che non volevano, decimati ancora prima del Virus dai nostri governanti. Tutti pensieri giusti, ma perché anche a noi liberi professionisti, piccoli, medi e grandi imprenditori, negozianti, agricoltori, artigiani, colf, stagisti, attori, tassisti, doppiatori, muratori, elettricisti, idraulici, professionisti e rappresentanti di ogni sorta, nessuno si permette di darci degli eroi? perché siamo troppi e nel silenzio della nostra operosità e del nostro dolore non siamo mai stati capaci di farci sentire e di far capire a tutti quanto eroismo ci voglia a mandare avanti un’azienda, una famiglia, una partita Iva. Siamo soli, in trincea, contro decine di virus burocratici che ogni giorno, ed oggi ancora di più, ci indeboliscono, ci tolgono l’ossigeno, ci mettono in quarantena e ci uccidono lentamente.
Io non ci sto dentro perché sento e vedo le altre nazioni del mondo aiutare i loro connazionali con misure economiche che intervengono direttamente con aiuti concreti e diretti, con immissione di soldi nei conti correnti, con disponibilità di credito a fondo perduto immediati per imprese e privati; al contrario mi accorgo dell’immensa pochezza dei nostri che continuano a fare conferenze cercando di dirci che operano per il nostro bene e invece non ci danno che briciole, illusioni, parole.
NESSUN FATTO CONCRETO, NESSUN AIUTO DIRETTO.
A meno che non pensiate che i 400 miliardi (che in realtà sono debiti) dedicati alle nostre imprese, siano degli aiuti concreti, senza capire che quello di cui hanno veramente bisogno non sono debiti ma liquidità vera ed immediata e soprattutto prospettive concrete come per esempio un azzeramento delle imposte di questi mesi. L’unico vero aiuto che lo Stato potrebbe concretamente darci subito. A meno che non pensiate che l’Europa si possa piegare alle nostre esigenze.
A meno che non pensiate che posporre di giorni il pagamento di contributi o erogare cassa integrazione, che ancora non si sa quando verrà pagata ai dipendenti, siano aiuti concreti. O addirittura non pensiate che 400 milioni per i poveri (milioni non miliardi) tolti alla protezioni civile (a cui i soldi li abbiamo dati noi attraverso la beneficienza) siano la soluzione a tutti i problemi. 400 milioni neanche dati direttamente ai cittadini ma ai comuni, cui sarebbe lecito chiedere come e in che modo elargiranno quei 4 spicci. Per fortuna ci sono i privati a pensare ai bisognosi con le opere di bene, senza doppi fini e conferenze.
Io non ci sto dentro perché a dire queste cose dovrebbero essere tutti di tutte le razze, visioni politiche, sesso o età.
Io non ci sto dentro perché vorrei che tutti ci svegliassimo, me compreso, e facessimo sentire tutti insieme come ci sentiamo: sopraffatti, inermi, non tutelati, illusi ma finalmente reattivi, attenti, vivi e incazzati… sì incazzati, pacifici ma incazzati.
Io non ci sto dentro perché
Io non ci sto dentro perché
Io non ci sto dentro perché
Io non ci sto dentro perché
Io non ci sto dentro perché
Io non ci sto dentro perché
Io non ci sto dentro perché
Io non ci sto dentro perché
Io non ci sto dentro perché
Io non ci sto dentro perché
Io non ci sto dentro e se anche voi non vi sentite tutelati, protetti, rappresentati in quello che sta succedendo, allora dobbiamo dirlo. Diffondete questo messaggio ed arricchitelo dei vostri pensieri e soprattutto domenica 19 aprile alle 18, invece di continuare a cantare, esponete sui balconi un lenzuolo o qualcosa di bianco e lasciatelo sventolare, non come segno di resa, piuttosto come un urlo bianco, un segno candido e pacifico di indignazione per l’inadeguatezza della maggior parte delle soluzione che ci sono state prospettate.