“Me li dai cinque minuti? Sto controllando i compiti di mio figlio e ho un problema con la stampante digitale: c’è scritto “account” e io invece devo stare a distanza…”

Comincia così, con un sorriso, la nostra chiacchierata con Antonio Giuliani, per riflettere sugli effetti che lo stato di cose attuale sta avendo e avrà sul mondo dello spettacolo. 

È possibile ridere “del” o far ridere “sul” Coronavirus?

“Guarda, posso anche prevedere che quando tutto sarà alle spalle molti miei colleghi scriveranno monologhi su quello che stiamo vivendo; il mio stato d’animo attuale mi suggerisce che abbiamo a che fare con troppi morti…è però possibile scherzare sul proprio vissuto, si possono concepire battute a sfondo esistenziale rivolte a noi stessi: io per esempio, ho scoperto in questo periodo di essere sposato…so’ ventuno anni oh…devo dire che è pure una brava persona, cucina pure bene…”.

Che comportamenti stai notando attraverso i social?

“Vedo un’inflazione di video, di ogni tipo. Io, col lavoro che faccio, sono particolarmente esposto. Mi fa molto piacere e mi inorgoglisce girare quelli per le varie associazioni umanitarie, per veicolare un messaggio utile assieme a un sorriso, poi però me ne vengono chiesti tanti altri, video chat una dopo l’altra… forse è troppo, stiamo diventando, tutti, ridondanti da questo punto di vista…”.

Può però diventare una soluzione per gli spettacoli del futuro, almeno in parte?

“Lo capirei, forse, per un concerto, che ha e presuppone una ritualità diversa; però non è realistico secondo me per uno spettacolo di cabaret, dove la battuta è supportata dai tempi, dall’atmosfera reale della sala, dagli umori che l’artista percepisce…si potrebbe interagire con dei gruppi di spettatori a turno, ma poi a ogni battuta ride una decina di persone…”.

Cosa hai in programma in questi giorni, video a parte?

“Il giorno di Pasquetta farò una cosa particolare grazie a un’associazione culturale di Corviale: uno spettacolo da…un terrazzo. Un terrazzo privato, ovviamente, con il pubblico affacciato dalle finestre del Serpentone, di fronte. Fammi ricordare una cosa: tutti soffriamo, in questi giorni. Ma non tutti allo stesso modo: ci sono quartieri o zone di Roma dove la sofferenza è moltiplicata; ci sono appartamenti o monolocali dove si ha la sensazione di essere davvero in prigione. Un sorriso portato in certi posti per me vale doppio”.

Il mondo dello spettacolo annovera tanti lavoratori, tante maestranze, di tanti tipi. Che futuro immagini, da questo punto di vista?

Ovviamente mi sento un privilegiato, viste le mie possibilità lavorative anche in questi giorni; tra l’altro, come libero professionista con Partita Iva potrei richiedere anche io, avendo sempre pagato le tasse, i contributi messi a disposizione. Non lo faccio perché mi sentirei a disagio.

Devi pensare che nel nostro ambiente ci sono migliaia e migliaia di persone che vivono di spettacoli nei locali, che fanno i tecnici, i fonici, i macchinisti. La maggior parte di loro è vissuta sempre di questi lavori, questi sa fare nella vita…magari fabbriche e cantieri riapriranno presto, ma nel nostro ambiente ora è difficile prevedere una riapertura: pensa agli assembramenti per allestire un set cinematografico, con tutte le persone di cui si ha bisogno. Ecco, a loro va il mio augurio più sincero.

Poi, penso anche agli spettatori che avevano già sborsato i soldi per assistere ai vari spettacoli, compreso il mio che sarebbe dovuto andare in scena all’Auditorium e per il quale una serie di professionisti che stava curando l’allestimento era stata pagata anticipatamente. Sai la Ticketone per quanti eventi sta ricevendo richieste di rimborso?”.

Il comportamento degli italiani ti ha più sorpreso o più deluso?

“All’inizio mi hanno deluso alcuni comportamenti soprattutto al nord, tipo gli sciatori a ogni costo o quelli che continuavano ad affollare i Navigli per l’aperitivo, a Milano. In generale, però, mi ha colpito il fatto che tutto sommato siamo riusciti a rispettare le regole. Poi è chiaro che lo stupido o il menefreghista li trovi sempre e ovunque”.

Un augurio, alla collettività e anche a te stesso.

“Parto dalla riflessione che, con i tanti anziani che ci hanno lasciato soprattutto al nord, è come se se ne fosse andato un pezzo di cultura popolare italiana, che nessuno ci restituirà. L’augurio è quello di continuare a tener duro, a resistere, sopportando le restrizioni e onorando il senso civico. Soffrire ora per poi tornare alla vita di tutti i giorni. E a ridere, prima o poi. Non fate i furbi, come quelli che, vista la mia statura, mi chiedono di uscire con loro per poter dire che fanno uscire il bambino, o quelli che escono con la boccia d’acqua con dentro il pesciolino, per poi dire che portano in girò il pesce-cane. 

Se no, oh, ditemelo che esco pure io…non mi sembrerebbe carino essere l’unico non contagiato…”.

Paolo Marcacci


LEGGI ANCHE