Chi segue Radio Radio – e fortunatamente sono in tanti – sanno bene qual è stata la proposta, anche del sottoscritto, più gettonata da 15 giorni a questa parte. Ordinare immediatamente le porte chiuse per tutte le partite, in ogni angolo di Italia, nella speranza di riuscire a mettere un argine alla diffusione del Coronavirus.

Alla decisione si è arrivati con grandissimo ritardo, per le indecisioni di chi avrebbe dovuto dare un impulso preciso e per le liti dei nostri cari presidenti, tutti impegnati a salvaguardare un fazzoletto del loro orticello. Pensate che ancora ieri, in serie B, si è giocato in qualche caso a porte aperte, a dimostrazione di quanti buchi ci fossero nella rete. Eppure, come detto, sarebbe bastato un pizzico di decisionismo in più – che in certi casi vuol dire semplicemente un’assunzione di responsabilità – per fare quello che poveri opinionisti continuavano a ripetere da giorni.

D’altronde la faccenda è assolutamente chiara e grave. E le porte chiuse rappresentano il tentativo estremo – e non è detto risolutivo – di portare avanti il campionato.

Il rischio è evidente: come i contagiati, che sono diventati quindici volte di più in una settimana (provate a partire dai 3000 di ora e pensate se a questa media si dovesse andare avanti di settimana in settimana…), come i contagiati dicevamo ci sono stati negli uffici della politica, nei commissariati, negli ospedali, se dovessero arrivare a toccare il mondo del calcio – un calciatore, un massaggiatore, un giardiniere, un dirigente – è chiaro che tutto si fermerebbe alla prima squadra in quarantena.

Ma nella speranza che questo non accada, il calcio dovrebbe prendere una prima, difficile e sofferta decisione. Annullare e rinviare al prossimo anno con largo anticipo i prossimi Europei – a cui mancano ancora più di tre mesi – per dare un po’ di respiro a tutti (perché tutti i Paesi sono i coinvolti) e per provare a portare a termine in campionati nazionali. 

Perché forzare i calendari di ogni nazione – incuranti di quello che sta succedendo – non ha veramente senso. Come tante di quelle cose che sono già successe. 

Alessandro Vocalelli