Da giorni si legge e discute soltanto dello stadio della Roma. Come se la Roma fosse una conseguenza; e non il traino di tutto. Detto questo, serve una premessa: personalmente sono a favore di uno stadio della Roma. Anche perché così dovrebbe essere per tutti i club. La questione, magari, può essere legata alla zona scelta – contestata ferocemente dai Cinque Stelle prima del loro arrivo al governo della capitale – e dal resto del cemento che si muove intorno allo stadio. Ma di questo si è parlato, dibattuto, e dunque ogni parola in più è superflua.  Parole consumate, masticate, digerite.

Dire: la Roma ha diritto al suo stadio, come si sente ripetere, è una tale verità da diventare una banalità. Perché su questo, dite sinceramente,  trovereste uno che sia contrario. E per partito preso dica: no, non è giusto che un club abbia un suo impianto. Che senso avrebbe?

La questione dunque non è questa. Ciò che colpisce in questa vicenda è piuttosto un doppio particolare. Primo: molti dicono che il problema di Roma è la burocrazia e la politica. Con la politica e la burocrazia, urlano, non si fa mai nulla. Ma non è così, perché da Alemanno a Marino per finire alla Raggi tutti alla fine si sono mostrati, anche nei fatti, più che disponibili: dov’è dunque l’opposizione della politica? Il problema non è la politica, ma il fatto che poi sia intervenuta la magistratura. E questo è un altro discorso.

Ma l’aspetto ancora più singolare è immaginare che lo stadio debba essere lo starter per far partire la Roma. Senza lo stadio, così si dice, non si può far nulla. Visione quantomeno personalistica. Perché lo stadio, in quanto tale, deve o dovrebbe essere piuttosto un acceleratore, di una squadra già robusta. E anche dal punto di vista psicologico, rispondete a questa domanda: è più facile – in questa situazione della squadra un po’ malinconica – far partecipi tutti della questione o sarebbe più facile creare un forte consenso popolare con una Roma già molto grande?

Insomma, per essere chiari, Pallotta pensi sì allo stadio, ma nel frattempo pensi a fare molto più forte la squadra. Non dica “se non faccio lo stadio me ne vado“, faccia piuttosto in modo che la Roma sia talmente forte, ambiziosa, da poter “pretendere” il definitivo passaggio verso le big mondiali. Perchè, a pensarci bene, dovrebbe poi questo l’obiettivo finale.

Alessandro Vocalelli