Le analisi del sangue, che servono a misurare la quantità di metalli pesanti, non hanno rilevato livelli di tossicità. Il test preliminare, che calcola la radioattività nei tessuti, segnala invece radiazioni oltre i limiti di guardia. A scoprirle, sul corpo di Imane Fadil, la modella testimone nel processo Ruby, secondo quanto riferisce il Corriere della Sera, un laboratorio specializzato di Milano incaricato dalla Procura, che indaga per omicidio volontario. E ora come ora nessuno si può avvicinare al corpo della 34enne: la conferma arriva dall’obitorio milanese dove si trova, in attesa dell’autopsia, il cadavere. ”E’ una disposizione dell’autorità giudiziaria – dice all’Adnkronos un addetto – non possono vederla nemmeno parenti o amici’’.

Si tratta di tracce di radioattività in quantità tali da accreditare l’ipotesi iniziale che la donna sia morta per un avvelenamento dovuto proprio agli isotopi dei metalli pesanti. Una contaminazione che un investigatore ha definito paragonabile a quella di una persona che ha lavorato per 30 anni in una fonderia. Se la presenza di radioattività sarà confermata dagli ulteriori esami, Siciliano e Gaglio dovranno scoprire come, dove e quando Fadil è stata esposta alle radiazioni.

Secondo quanto è stato possibile ricostruire e risulta in cartella clinica, dall’équipe medica sono stati eseguiti tutti gli accertamenti del caso. Quando è arrivata all’Humanitas di Rozzano il 29 gennaio scorso, Imane Fadil aveva già una patologia grave e conclamata al midollo osseo ed è stata ricoverata in terapia intensiva. I primi esami sulla giovane marocchina, che aveva chiesto di esser parte civile nel processo Ruby Ter, hanno escluso la presenza di un linfoma o di altri tumori del sangue. I medici dell’Humanitas hanno poi cercato senza riscontrare nel corpo della donna malattie autoimmuni che avrebbero potuto attaccare così gravemente il midollo e causare il repentino decadimento di altri organi vitali che poi ha portato alla morte della giovane il 1 marzo, a un mese dal ricovero.

Prima degli esami con ‘test tossicologico su metalli’ da cui è emersa la contaminazione, che avrebbero richiesto una decina di giorni e sono stati eseguiti in un laboratorio specializzato di Pavia, anche i primi test tossicologici su Imane erano risultati negativi. Solo l’autopsia ora e l’analisi dei tessuti, che sempre secondo quanto si apprende dovrebbe essere eseguita mercoledì o giovedì, dovrebbe accertare se è stata proprio l’esposizione a sostanze radioattive a causare la sua morte. L’autopsia, ad ogni modo, avrebbe potuto essere eseguita subito, sia il giorno della morte, quando è stato disposto il sequestro di tutta la documentazione clinica e della salma, sia il 6 marzo, quando l’Humanitas ha ricevuto gli esiti tossicologici e li ha comunicati agli inquirenti.