La proposta di Benjamin Netanyahu di candidare Donald Trump al Nobel per la Pace ha acceso un acceso dibattito tra analisti, opinionisti e intellettuali. In un’epoca in cui le contraddizioni sembrano diventate normalità, l’idea che l’attuale presidente statunitense possa aspirare a un riconoscimento simbolo della diplomazia non appare più così assurda. O forse sì.

La pace come paradosso politico

Candidare Trump al Premio Nobel per la Pace significa, secondo molti osservatori, spingere la politica oltre il confine del simbolico, sconfinando nel grottesco. A maggior ragione se a farlo è Netanyahu, attualmente accusato di crimini di guerra dalla Corte Penale Internazionale. In questo contesto, la candidatura appare meno come un riconoscimento reale e più come una mossa strategica per riabilitare, con un’aura di legittimità morale, figure che dividono l’opinione pubblica globale.

La menzogna come sistema

Secondo il filosofo Diego Fusaro, la proposta non è una stranezza isolata, ma l’emblema di un’epoca in cui la verità è subordinata alla logica del potere. “Neanche al genio distopico di Orwell sarebbe passata per la testa un’uscita di questo tipo, invece è la realtà che ci troviamo di fronte“, afferma. Una realtà, secondo Fusaro, in cui la menzogna sistemica si presenta come normalità, e in cui “la propaganda e la disinformazione organizzano il sapere in una certa direzione“.

Ideologia travestita da informazione

Dietro scelte come quella di Netanyahu, per Fusaro, si nasconde un sistema ideologico capace di autoconvincersi delle proprie verità. Non si tratterebbe di semplice mala fede, ma di una forma di autocelebrazione del potere: “I gruppi dominanti si autoaccecano, si autoconvincono delle menzogne funzionali al loro potere“, sostiene il filosofo. In questo senso, candidare Trump alla pace non è solo una provocazione: è un modo per riplasmare il senso stesso della parola “pace” in chiave funzionale.

Decostruire per capire

Fusaro richiama infine il compito della filosofia: “Decostruire le ideologie come momento preliminare per muovere verso la ricerca della verità“. In un mondo in cui persino il concetto di pace può essere strumentalizzato, la riflessione critica diventa un atto politico. E proprio da questo punto di vista, il Nobel a Trump più che una boutade diventa un segnale inquietante di quanto oggi la narrazione conti più della realtà stessa.