In una svolta significativa per il settore automobilistico europeo, la Commissione Europea ha annunciato il 16 dicembre 2025 la revoca del divieto assoluto di vendita di veicoli con motori a combustione interna (endotermici) a partire dal 2035. Originariamente previsto dal regolamento del 2023 come parte del Green Deal, lo stop mirava a imporre emissioni zero per tutte le nuove auto e furgoni leggeri, favorendo esclusivamente veicoli elettrici o a idrogeno. La nuova proposta riduce l’obiettivo di taglio delle emissioni di CO2 al 90% rispetto ai livelli del 2021, anziché il 100%. Questo margine del 10% consente ai costruttori di continuare a commercializzare una quota limitata di auto benzina, diesel, ibride plug-in e range extender, purché compensino le emissioni residue.
La decisione arriva dopo intense pressioni da parte di Germania e Italia, principali potenze automobilistiche europee, supportate da altri Stati come Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria. I costruttori tedeschi (Volkswagen, BMW, Mercedes) e italiani accolgono la flessibilità come “pragmatica”, mentre ambientalisti criticano il rischio di rallentare la transizione verde. “Benzina sul fuoco”, titola in prima pagina Il Manifesto. “Il fatto che si sia allentata la proibizione alla produzione di auto endotermiche – spiega Bonifacio Castellane, editorialista de La Verità – in realtà non significa che abbiamo salvato l’industria europea, perché comunque rimangono dei vincoli strettissimi, che comunque hanno affossato in maniera definitiva. Non sapremo mai il perché. Lo sanno solo le élite che hanno deciso questa cosa, in maniera esoterica e segreta, il perché a un certo punto l’Europa ha dovuto rinunciare alla sua principale industria“.
“Abbiamo sostanzialmente regalato completamente alla Cina il mercato dell’elettrico”
“Del resto ti ricordi cosa diceva il compagno Lenin in queste situazioni? <<Compagni chiedetevi cui prodest?>>. Ecco, allora chiediamoci cui prodest. A me sembra che gli ultimi dieci anni di decisioni dell’Unione Europea beneficino la Cina. Quindi chissà, se noi usassimo delle categorie strettamente leniniste non potremmo che concludere che l’Unione Europea lavori in realtà per la Cina. Certo, sarebbe paradossale scoprire che determinate lobby alla fine lavoravano per il nemico industriale, il nemico produttivo. Però chi lo sa“.
L’intervento integrale a Lavori in Corso










