Un’ondata di speranza e perplessità si abbatte sull’Europa con l’arrivo di Kostaive, il vaccino anti-Covid a mRNA autoreplicante appena approvato dall’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA). Mentre la tecnologia mRNA promette di rivoluzionare la lotta alle malattie infettive, le voci critiche di medici, scienziati e associazioni indipendenti mettono in luce una serie di carenze negli studi che hanno portato alla sua autorizzazione, sollevando interrogativi sulla sicurezza e sugli effetti a lungo termine di questo prodotto.
La principale lacuna riguarda la mancanza di dati approfonditi sugli effetti a medio e lungo termine. Kostaive, infatti, utilizza una molecola di mRNA auto-amplificante che, una volta entrata nelle cellule, è in grado di replicarsi e produrre grandi quantità della proteina spike di SARS-CoV-2. Questa caratteristica, che dovrebbe garantire una risposta immunitaria più robusta e duratura con dosi inferiori, non è stata ancora sufficientemente testata per valutarne le conseguenze nel tempo. Gli studi clinici finora condotti hanno coinvolto migliaia di partecipanti in Vietnam, ma la durata del follow-up è stata limitata e non esistono ancora dati consolidati su eventuali effetti collaterali che potrebbero manifestarsi dopo mesi o anni dalla somministrazione.
Particolare preoccupazione è stata espressa riguardo al potenziale rischio biologico legato all’RNA autoreplicante. Alcuni esperti, tra cui il dottor Giovanni Frajese e il professor Maurizio Federico, sostengono che l’mRNA potrebbe accumularsi nelle cellule e, attraverso meccanismi di autodifesa, essere espulso sotto forma di esosomi o nanovescicole extracellulari. Questo processo, ancora poco compreso, potrebbe teoricamente portare a una diffusione del materiale genetico anche all’esterno dell’organismo, con conseguenze imprevedibili per la salute pubblica e l’ambiente.
Un altro punto critico riguarda la sicurezza nei soggetti più vulnerabili. Gli studi non hanno valutato adeguatamente l’efficacia e la sicurezza di Kostaive nelle persone immunocompromesse, come i pazienti con HIV o sottoposti a terapie immunosoppressive. Inoltre, i dati disponibili sulle donne in gravidanza sono estremamente limitati, tanto che la somministrazione è raccomandata solo quando i benefici superano i rischi.
La procedura di approvazione accelerata, simile a quella adottata durante l’emergenza pandemica, ha ulteriormente alimentato i dubbi. In assenza di una nuova emergenza, molti esperti ritengono che non vi siano sufficienti basi scientifiche per giustificare un percorso regolatorio così rapido. La richiesta di accesso alla documentazione tecnico-scientifica completa e di una sospensione cautelare dell’immissione in commercio è stata formalizzata da diverse associazioni mediche, che chiedono maggiore trasparenza e rigore nella valutazione del farmaco.
Qualcosa però si sta muovendo, tra richieste di accesso agli atti: secondo il coordinatore del CSMI Alberto Donzelli, si potrà prendere tempo in Italia grazie a una moratoria: ascoltate l’intervento a Un Giorno Speciale.