La cooperazione tra Russia e Cina ci dà una grande lezione e fa storcere il naso a Washington

Xi Jinping, presidente cinese, si è nei giorni scorsi rivolto a Vladimir Putin, asserendo che Cina e Russia debbono stare unite per garantire pace e stabilità nel mondo. Una narrazione dunque che va direttamente in contrasto con quella washingtoniana e anzi lascia apertamente trapelare come da una parte vi sia una potenza imperialistica, aggressiva, bellicista, la civiltà dell’hamburger, e dall’altra un’altra parte del mondo guidata dalla Cina e dalla Russia che prova con difficoltà a costruire un mondo multipolare basato sulla stabilità, sull’equilibrio e sulla pace. La Russia e la Cina, che sono sotto ogni profilo due potenze mondiali, devono, a nostro giudizio, continuare a cooperare per resistere congiuntamente all’imperialismo efferato e sanguinario di Washington.

Imperialismo che, come sappiamo bene, vorrebbe ridurre il mondo intero sotto il dominio della civiltà del dollaro, dichiarando senza riserve come stato canaglia, rogue state, chiunque non si pieghi a detto dominio. E ciò secondo una narrazione fumettistica e caricaturale, per cui da una parte vi è l’Occidente buono, pacifico e democratico, capeggiato da Washington, e dall’altro vi è una non meglio definita caoslandia abitata da dittatori neonazisti e comunisti, da stati canaglia e da totalitarismi non ancora avvezzi alla libertà occidentale sotto il segno del mercato. Ora, proprio dall’unione del dragone cinese con l’orso russo, può a nostro giudizio scaturire realmente un mondo multipolare, un mondo cioè sottratto al monopolarismo bellicista di Washington, così come si era avvenuto rapidamente definendo dopo la svolta epocale del 1989.

La cordiale intesa fra la Russia di Putin e la Cina di Xi Jinping, come anche è stata definita, rappresenta ad oggi la più importante novità sullo scenario globale degli ultimi anni. La si può anzi intendere ragionevolmente come la sola possibilità a ciò che l’imperialismo della civiltà del hamburger venga contenuto e tenuto a freno. Non ci stancheremo di sottolinearlo.

In questa fase il presidente Xi Jinping sta figurando a tutti gli effetti come il politico più saggio e più lungimirante sulla scena mondiale. Egli resiste all’imperialismo di Washington e cerca in ogni guisa di propiziare la pace in un contesto in cui ormai sembra che la guerra sia l’unica possibilità. Bisognerebbe allora tornare a ragionare criticamente sul noto teorema di Francis Fukuyama, The End of History.

Francis Fukuyama nel 1992 cantava la fine capitalistica della storia, da che era convinto che, con il 1989, fosse davvero terminata l’avventura storico-occidentale e potesse a quel punto trionfare la libertà, da Fukuyama identificata senza riserve con la civiltà liberal-atlantista. Ebbene, con buona pace di Fukuyama, dobbiamo placidamente riconoscere che la storia si è rimessa in movimento. o più precisamente che non si trattava della fine della storia, ma semplicemente della fine di una storia.

E adesso la storia in quanto tale, la storia con la S maiuscola, si è rimessa in marcia. Sotto questo riguardo potremmo dire che la storia non si muove in maniera cartesiana come le palle da biliardo, ma secondo una bella immagine dell’uomo senza qualità di Musil, è più simile nel suo andamento alle nuvole, che si muovono in maniera indeducibile, secondo una logica inafferrabile, dunque aperta alla libertà e non deducibile more geometrico. La storia resta lo spazio aperto della libertà e del nostro agire.

Radioattività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro