Esperimenti ormonali sui giovani pazienti e malati di mente: lo scandalo dei Wpath Files

L’opinione pubblica è stata recentemente scossa da uno scandalo che ha lanciato una vera e propria bomba sulla medicina di genere. La Wpath una delle associazioni simbolo della gender therapy, è entrata nel mirino dell’inchiesta del giornalista Michael Shellenberger. Il reporter è riuscito a smascherare la doppia faccia di Wpath, colpevole di aver commesso sperimentazioni con ormoni e pratiche chirurgiche su giovani pazienti e aver praticato delle operazioni a rischio elevatissimo su coloro che non potevano fornire il loro consenso, in quanto malati di mente. I medici avrebbero violato il giuramento di Ippocrate e le conversazioni di alcuni componenti dell’associazione, lo hanno confermato. Queste testimonianze sono state nominate: Wpath Files.

I file Wpath

Stando a questi documenti, alcuni membri di Wpath discutevano sul disturbo dissociativo dell’identità, affermando che si trattava di “una follia assoluta, perché non possono esistere personalità alternative”. Dai documenti è emerso anche che i medici erano consapevoli che gli ormoni cross-sex potessero avere effetti collaterali debilitanti e potenzialmente mortali. Erano ben consci che i bloccanti della pubertà potessero essere dannosi da somministrare ma che fossero volutamente sottostimati. Si legge nel Report:I giovani pazienti non capiscono gli effetti collaterali degli interventi di modifica dei tratti sessuali e, quindi non possono dare un vero consenso consapevole. Nei documenti, i medici avrebbero rivelato anche che molti giovani si erano significativamente pentiti di aver cambiato sesso. Le mutilazioni sessuali non risparmiano nemmeno i bambini, che vengono operati quando gli organi genitali non sono ancora totalmente sviluppati. “Dobbiamo avere un dialogo onesto sulle pene detentive per i chirurghi che hanno mutilato i genitali dei bambini o che hanno prescritto terapie ormonali transgender. Ciò include tutti coloro che li hanno abilitati, come gli amministratori ospedalieri” ha scritto il filosofo Peter Boghossian. Shellenberger ha scoperchiato quindi il vaso di pandora della Gender Therapy, rivelando come non esistano evidenze scientifiche sull’esito positivo di tale terapia e informazioni sufficienti sui farmaci utilizzati.

L’intervista a Simone Pillon e Giorgio Bozzo

“Quest’inchiesta è l’ennesima conferma di quello che già quando ero Vicepresidente della Commissione infanti e adolescenti del Parlamento Italiano avevo scoperto. La questione è molto seria: l’ideologia ha preso il sopravvento sulla scienza. Dalle indagini che avevo fatto per la Commissione Infanti, venivano fatti degli esperimenti a tentoni, perché il mantra è quello della cosiddetta “Gender Affirming Therapy”. Ovvero se una persona soffre di disforia di genere, non deve essere aiutata ad avvicinare la psiche a corpo, ma al contrario, viene aiutata sotto il profilo sanitario ad avvicinare il corpo alla psiche. A questo punto tutto diventa lecito, per esempio l’uso della Triptorelina sui bambini: in questo modo la pubertà viene bloccata prima che diventi ancora più difficile adattare il corpo alla mente. È più facile tagliare le mammelle quando il seno non è ancora sviluppato, piuttosto che il contrario” dice l’avvocato Simone Pillon.

È diverso il parere dell’attivista Giorgio Bozzo che afferma: “Stiamo parlando di una scienza legata al discorso dell‘identità e ricordiamo che la persona che soffre di disforia di genere, ha questo disturbo perché è la società che gli fa nascere questo disagio. Molte persone soffrono per questo disturbo e la scienza ha il dovere di aiutarli, per cambiare le cose”

Proprio su questo punto interviene Pillon: “Questo è il punto: è necessario aiutare queste persone, servendosi dell’aiuto di una scienza, ma non per seguire un’ideologia. Inoltre il problema, è che una volta seguita quella terapia, bisogna essere consapevoli che si prenderanno per tutta la vita degli ormoni, perché ogni cellula del mio corpo insisterà sulla mia vera sessualità”.

“Inoltre bisogna considerare- dice Francesco Borgonovo – che anche gli omosessuali vengono indirizzati al cambiamento di sesso, per una ragione ideologica. Il punto di questi file secondo me, è che non si può ritenere che un bambino di 12 anni sia in grado di dare un consenso informato, al cambiamento di sesso. Visto che spesso come dicono nei file (che sono veri) e che l’associazione non smentisce, spesso i pazienti non capiscono letteralmente, il fatto che possa crescergli la barba. Allora come fa un bambino ad essere informato o a dare un consenso? Siamo sicuri che tutti vengano indirizzati nel modo giusto? Siamo sicuri che confondere i diritti con la scienza non sia rischioso?”

La Triptorelina

Secondo Bozzo, l’uso della Triptorelina per bloccare lo sviluppo della pubertà è sicuro, e viene somministrato per un utilizzo che non era stato pensato all’origine, che si chiama off-level. In merito all’effettiva sicurezza di questa medicina, Pillon ribatte che il suo dosaggio può provocare effetti collaterali irreversibili, che lui stesso ha potuto constatare a seguito delle sue indagini alla Commissione Infanti e Adolescenti.

“La Triptorelina blocca la calcificazione delle ossa e nelle bambine può portare all’osteoporosi precoce. Basti pensare che nella Gran Bretagna hanno chiuso la clinica Tavistock and Portman, perché utilizzava la Triptorelina e gli interventi chirurgici. La Clinica venne chiusa dopo che una bambina che era stata sottoposta a questo doppio trattamento, arrivata all’età di 20 anni, decise di ritornare nuovamente donna. I medici della Clinica riferirono che ciò non era possibile e la bambina gli fece causa. Il Commissario governativo che decise di chiudere la Clinica, dichiarò che nelle operazioni non c’era nulla di scientifico, ma che si trattava solo di esperimenti ideologici. Da quel momento il Canada, la Svezia, l’Australia, hanno chiuso i protocolli Tavistock. Sapete dove sono rimasti aperti? In Italia, ovviamente, e questo ha dell’assurdo. Somministrare la Triptorelina a dei bambini è pericolosissimo, perché si usa per curare il cancro, non certo per fare un altro tipo di terapie. È proprio questo, quello che stiamo cercando di raccontare”