Nuova beffa sul PNRR: ecco perché proprio in Italia il rischio di frode è tra i più alti d’Europa

E oggi torno a parlare di questo sorta di mostro, il PNRR che riempie, che ti impasta la bocca. Piano nazionale di ripresa e resilienza, un termine che è ormai diventato di moda da alcuni anni, perché una volta “resilienza” si usava soltanto in ambito ingegneristico. Ebbene, il tentativo di contrastare le frodi al piano nazionale di ripresa e resilienza, il famoso PNRR, si scontra con la realtà della pubblica amministrazione italiana, che non è esattamente all’altezza delle promesse cosiddette “di tolleranza zero” con i truffatori.

La inefficienza burocratica italiana, accentuata da una media elevata di età del personale, è molto elevata perché ovviamente non abbiamo più assunto nelle pubbliche amministrazioni (perché dovevamo tagliare le spese).

Questo è uno degli effetti dell’Unione Europea, le carenze nella formazione informatica (anche qui tagliamo le spese) minano la capacità di imporre delle regole e dei controlli, veri ed efficienti. Si scrivono sulla carta ma non si possono più realizzare nella pratica, come tutti gli amministratori locali, penso, sappiano. La retorica della tolleranza zero si scontra quindi con una riduzione di tasse evase dal 2016 al 2021, ancora lontana dagli 83,6 circa miliardi stimati necessari. La situazione è complicata dalla scarsa trasparenza, quindi dalla corruzione nel sistema italiano, riflessi di una cultura pubblica che fatica ad adattarsi a dei nuovi standard che invece sono quelli più moderni.

L’Italia, secondo l’Ufficio Europeo per la lotta antifrode, sarebbe il secondo paese europeo con il rischio più alto di truffe ai fondi comunitari subito dopo l’Ungheria (non so bene sulla base di quali stime vengano fatte queste affermazioni). Il Presidente della Corte dei Conti avverte sulle vulnerabilità finanziarie del PNRR e critica la proroga dello scudo erariale perché lo ritiene una soluzione insufficiente.

Ecco, forse questi approcci di queste istituzioni è perché sono troppo avanti rispetto al loro tempo, perché non hanno ancora realizzato che recuperare quei soldi significherebbe ridurre le tasse per chi invece le tasse le ha già pagate, cioè la stragrande maggioranza dei cittadini e delle imprese italiane. Questo lo voglio dire con grande chiarezza.

Ma allora qual è il vero problema? Il vero problema è che dovremmo interrogarci sul perché le imprese italiane faticano a pagare le tasse. E dovremmo chiederci su cosa è successo negli ultimi 20/30 anni. E dovremmo chiederci se dopo 20/30 anni di menzogne e stupidaggini, visto che i risultati non sono quelli attesi, non sia il caso di cambiare finalmente strada.

Malvezzi Quotidiani, comprendere l’Economia Umanistica con Valerio Malvezzi