L’imbarazzante prima pagina che diventa tifo di guerra ▷ “Per spiegarlo c’è solo il Rasoio di Occam”

L’emergenza dilaga, il mondo dell’informazione continua il suo declino inarrestabile. Anche di fronte alle vicende più sensibili la disinformazione non arresta la sua corsa. Ci stiamo muovendo verso un mondo in cui un comune cittadino non riuscirà più a divincolarsi dalle notizie fuorvianti che lo bombardano. Ne otteniamo dimostrazione nel quotidiano, basta leggere le prime pagine dei giornali italiani più accreditati dall’opinione pubblica. Fabio Duranti, in diretta a Un Giorno Speciale, mette sul tavolo un esempio calzante

In un articolo dedicato alle vicende che affliggono i territori palestinesi e israeliani, il Corriere della Sera riporta la notizia di una strage avvenuta nel kibbutz di Kfar Aza in cui sarebbero state trucidate e decapitate 200 persone tra cui 40 bambini. La notizia è agghiacciante e, se confermata, pietrificherebbe chiunque. Perché diciamo ‘se confermata’? Perché questa notizia è diventata un caso internazionale. Ci sono state conferme e smentite nel giro di 48h che non possono assicurarne la veridicità. Ci chiediamo, dunque, come possa un giornale di caratura nazionale riportare con tanta certezza una notizia di cui non è stata attestata la veridicità?

Il rasoio di Occam

Riusciamo a trovare una spiegazione razionale dietro tutto questo soltanto usando il principio del rasoio di Occam. Il principio ci dice che “non bisogna moltiplicare gli elementi al di là del necessario”. A parità di fattori ed elementi in nostro possesso, dunque, la soluzione più semplice è sempre quella da preferire. Seguendo questo principio io parto da un presupposto: l’informazione è considerata da sempre una merce e questo è stato considerato il principio fondante della libera stampa. Al giorno d’oggi, l’informazione non è più merce, ma propaganda. Bisogna guardare a chi ci vende le informazioni. Se guardi chi finanza il Corriere, capirai perché pubblicano determinati articoli e prendono determinate posizioni“. ha commentato Alessandro Meluzzi