Per il Napoli avrebbe voluto dire fare la Storia; per il Milan è stato come presentarsi puntualmente all’ennesimo appuntamento con essa. Fa tutta la differenza del mondo, quella mano invisibile che si poggia sulla spalla di chi scende in campo avendo dietro di sé una genealogia fatta di blasone, pedigree internazionale, abitudine a vivere serate come questa e a domarle, anche partendo dagli sfavori del pronostico, soprattutto se superficiali.

Piani di battaglia contrapposti, alla medesima intensità; gli uomini di Spalletti avviano un tentativo di produzione offensiva impostato sull’innesco sistematico di Kvaratskhelia sul lato sinistro, con Osimhen, ovviamente a metà percorso sulla via del recupero, che nella versione attuale ha rappresentato un prevedibile punto di riferimento per il controllo di Kjaer e compagni. I rossoneri, dal canto loro, hanno inviato subito un messaggio inequivocabile alla partita: non c’era un 1-0 da proteggere ma un nuovo gol da segnare, al primo corridoio disponibile.

Quando la partita ha quasi finito di masticare il chewing-gum del primo tempo, il Milan si permette il palloncino: il solito manipolo di idioti scopre che la scia di una percussione di Leão lascia un segno più persistente dell’eco bestiale di un ululato; all’appuntamento si presenta in smoking Giroud, Oliviero bomber vero, che pareggia i conti con se stesso per il rigore sbagliato e alza a dismisura la pendenza del tapis roulant di Spalletti verso la semifinale.

Nell’ultimo terzo di gara, dopo aver prodotto un paio di occasioni potenzialmente pericolose con Kvara nel mezzo di una pressione offensiva continua ma prevedibile per un Milan schierato alla perfezione, il Napoli comincia a sentirsi invischiato nella ragnatela che continuano a cucire Tonali e compagni.

Il rigore, sacrosanto, concesso al Napoli a nove minuti dalla fine, vede Mike Maignan moltiplicare alla seconda i suoi 90 chili spalmati su 191 centimetri: quello di Giroud era stato un rigore sbagliato, questo è molto più parato; quello aveva davanti molti minuti da trascorrere ancora; questo piega le ginocchia al Napoli, perché a quel punto il Milan chiede la carta dei dolci, sfogliatelle comprese.

Quando Szimon Marciniak soffia per tre volte nel fischietto, l’eco del pareggio di Osimhen serve solo a cullare i canti del settore ospiti.

Paolo Marcacci