Oltre le sentenze, per le quali si attendono le motivazioni e anche il successivo pronunciamento del Collegio di garanzia dello Sport, ovvero l’ultimo grado di giudizio in ambito di giustizia sportiva, al quale i legali della Juventus hanno già fatto sapere di voler ricorrere, sono importanti le parole. In questo caso non perché si debba entrare nell’ambito dei tecnicismi giuridici che hanno condotto alla sentenza – non ne avremmo gli strumenti, perlomeno non li ha chi scrive – ma per inquadrare tutto il battage della pubblica opinione, che quando c’è di mezzo la Juve si moltiplica in pubbliche opinioni, attorno a una vicenda che sin dall’inizio ha evidenziato un certo grado di fusione, o confusione se preferite, tra il percorso della giustizia sportiva e quello della giustizia ordinaria. 

C’è dunque una vicenda “giudiziale”, aggettivo dal significato più ampio rispetto a “giudiziario”, perché comprende tutto il percorso e tutte le fasi che portano al pronunciamento di una sentenza, attorno alla quale sia il pubblico che una percentuale variabile dell’informazione disegnano una cornice “pregiudiziale”: in questo caso l’aggettivo va inteso in tutta la sua pienezza semantica, ossia di significato: nei giorni che hanno preceduto il pronunciamento del Procuratore Chiné il partito dei minimizzatori innocentisti, al quale sono iscritti molti ma non tutti i tifosi della Juventus, è sceso in campo contro l’altrettanto agguerrita fazione dei colpevolisti a prescindere, anche se la maggior parte non solo non conosceva le carte, ma nemmeno i tre articoli decisivi per la formulazione della sentenza, ovvero il 63, il 4, il 31. Entrambi con una premessa pregiudiziale, per l’appunto: – Siccome c’è di mezzo la Juve avranno la mano pesante… – o – Siccome c’è di mezzo la Juve non puniranno come dovrebbero… -. In entrambi i casi un atteggiamento preconcetto, aprioristico. 

Ecco allora tutto il dispiegarsi, in modo duplice e con due versioni agli antipodi, della marea pregiudiziale dei non richiesti interventi di sconosciuti, vip a vario titolo, professionisti dell’insulto via social, politici condizionati dalla fede calcistica. 

Di certo, pregiudiziale da parte della vecchia dirigenza juventina (dimissionaria o dimissionata che sia) è stato l’atteggiamento di sentirsi, in ragione delle vittorie accumulate in campo nazionale, al di sopra delle regole: con arroganza, con un certo delirio di onnipotenza, con la strafottenza di chi non si preoccupa più di ciò che dice al telefono, da un certo momento in poi. Allo stesso modo, da parte della stragrande maggioranza del pubblico non juventino, che in Italia nel novanta per cento dei casi è sinonimo di anti juventino, pregiudiziali sono stati il totale disinteresse e la mancanza di interrogativi per il proscioglimento di Sampdoria, Pisa, Genoa, Empoli, Parma, Pro Vercelli, Pescara e Novara. 

Ah, l’importanza delle parole! Soprattutto quelle che dovrebbero circoscrivere i fatti, non aiutare chi li vuole forzare, sempre e comunque, per sostenere i propri convincimenti.