Quest’Atalanta ruba molto meno l’occhio rispetto a quella degli anni precedenti; ha una qualità media più bassa e caratterizza meno le partite con la sua impronta di gioco, anche se il tecnico è sempre Gian Piero Gasperini, che bravo lo è sempre stato ma che quest’anno si sta rivelando ancora più capace, perché ha infuso alla squadra una nuova idea di compattezza, sostituendo la proverbiale intensità orobica delle ultime stagioni con una redditizia essenzialità. La vittoria contro il Sassuolo, con un finale di gara spesso giocato sulle ripartenze, è l’ennesima conferma che irrobustisce la statistica, oltre che la sorprendente classifica. 

È un’Atalanta cinica: il termine va inteso non nell’accezione dispregiativa attuale, ma alla maniera filosofica, secondo la scuola della quale Diogene fu l’esponente più autorevole. Attraverso un rigore comportamentale che bastava a se stesso e che poteva arrivare all’autarchia, i cinici raggiungevano l’autosufficienza che conduceva alla saggezza, con la relativa indipendenza dai condizionamenti esterni. Anche da quelli degli esteti, che all’inizio contestavano alla Dea le sue carenze di intensità, ma che oggi prendono atto dei ventiquattro punti in classifica, che sarebbero stati sorprendenti anche nel secondo secolo dopo Cristo.