È mancato ieri Gorbaciov, 91enne ex segretario generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, ultimo leader dell’URSS.

Non si tratta in questi casi né di piangere né di ridere ma di capire, parafrasando Spinoza. Lo diciamo prendendo in considerazione, con piglio critico, la posizione sia di quanti stanno piangendo per la morte del leader sia di quanti hanno giubilato – magari anche proponendo di stappare una bottiglia di annata – con ciò rivelando una caratteristica che con Aristotele chiameremmo micropsichia, cioè avere l'”animo piccolo”. Non perché non sia criticabile Gorbaciov, intendiamoci, semplicemente perché giubilare per la morte di un uomo è sempre un atteggiamento meschino e inqualificabile. Io ho sempre criticato Gorbaciov mentre era in vita e ora continuerò a farlo anche dopo la morte ma sempre con il rispetto, in questo caso, per la dipartita di un essere umano: che riposi in pace, che la sua anima vada in pace e che nessuno si permetta di giubilare per la sua morte.

La Perestrojka

Ciò detto, la figura di Gorbaciov resta oggetto di un bilancio negativo complessivamente. Parlandone da vivo, è stato colui il quale – contrariamente a ciò che va ripetendo la narrativa dominante – ha prodotto la dissoluzione dell’Unione Sovietica e la conseguente apertura al mondo monopolare sotto le insegne dell’imperialismo atlantista. Questo è il punto fondamentale da non trascurare. Quella che da subito venne celebrata come la Perestrojka (a questo è sempre abbinato il nome di Gorbaciov), vale a dire l’apertura, il rinnovamento, l’ammodernamento, in realtà – contrariamente a quello che sembrava suggerire il nome pomposo e altisonante – altro non era se non la dissoluzione della vecchia Unione Sovietica con annessa apertura al nuovo ordine mondiale liberista e atlantista.

Ecco perché Gorbaciov, sotto questo riguardo, non può che essere criticato. Ricordiamo che, finita l’URSS, il mondo russo non si è aperto nell’immediato alla libertà – come da subito venne detto – al contrario si aprì al ciclo delle privatizzazioni nefaste della sudditanza a Washington (alla quale soltanto Vladimir Putin a partire dal ’99 cominciò a porre rimedio) e poi al nuovo ordine liberal-atlantista.

L’immagine simbolo

Sotto questo riguardo, il danno prodotto da Gorbaciov fu immenso. C’è un’immagine che mi piace sempre menzionare che rivela il passaggio dall’Unione Sovietica al suo post, ed è un’immagine che riguarda proprio lui, Gorbaciov, che l’ultimo anno di vita dell’Unione Sovietica compariva in parata celebrativa per la rammemorazione della Rivoluzione d’Ottobre e già l’anno dopo, venuta meno l’Unione, lo trovavamo invece sfilare per le pubblicità americane di Pizza Hut.

In quell’immagine, cristallizzata, la involuzione del paradigma comunista sovietico e la metamorfosi kafkiana di quel mondo. Mondo che solo Vladimir Putin seppe riportare in onore, provando a reimpostare la resistenza al cosmopolitismo liberista di matrice atlantista dacché Yeltsin, come sappiamo, non fu altro che la continuazione per linee tratteggiate delle politiche di apertura liberista e atlantista avviate da Gorbaciov.

Ecco perché possiamo dare un giudizio complessivamente negativo della figura politica di Gorbaciov, ma con il rispetto dovuto alla persona nel giorno successivo alla sua dipartita. È giusto e sacrosanto criticare l’avversario ma bisogna sempre rispettare la persona umana soprattutto nel giorno della sua dipartita. Che riposi in pace la sua anima, senza nulla togliere alle critiche che abbiamo mosso, muoviamo e continueremo a muovere alla sue politiche.

Radio Attività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro