Non poteva che finire così, quest’anno, perché i verdetti hanno sempre camminato sul filo come equilibristi, a tratti e a turno incerti. Dalle rispettive titubanze, lo spettacolo dell’incertezza. Non era facile, stasera, per l’Inter, scendere alla Domus Unipol con la testa sgombra da frustrazioni, dopo la vittoria del Milan e la presa di coscienza che la clessidra del campionato ha fatto cadere il penultimo granello. Proprio per questo, l’Inter ha offerto una prova di forza: per la concentrazione, innanzitutto, poi per l’intensità profusa dal punto di vista atletico e agonistico. Probabilmente non basterà e, in un certo senso, potrebbe rendere ancora più dolce il sapore dell’eventuale scudetto milanista. Però questo finale di campionato l’hanno scritto in due: l’una, il Milan, con il crescendo della sua consapevolezza; l’altra, l’Inter, con la superiorità della sua rosa e con l’educata muscolarità.

In tre, fino a non molto tempo fa, lo avevano portato avanti, perlomeno fino a Napoli Fiorentina. Ora manca un’ultima puntata, sugli esiti ovviamente non ci pronunciamo. Ma sugli effetti sì: se il campionato italiano, che per livello tecnico non può competere con i più ricchi, comincia a tornare appetibile anche agli occhi degli altri, lo deve alla sua protratta incertezza, al suo equilibrio condito anche da battute a vuoto. È un segno di vita calcistica, in attesa di capire cosa dovrà fare la nostra Serie A per far capire a chi la gestisce che bisogna resettare tante cose, affinché lo spettacolo in campo sia la regola e non l’eccezione.

Paolo Marcacci