Il modello economico italiano è un family business, cioè un modello a reddito di impresa a governance tipicamente familiare, averlo massacrato fiscalmente è un grave errore. Si argomenta che tale elevato livello di pressione fiscale sia giustificato dalla necessità di mantenere un adeguato livello di servizi nella macchina pubblica. Tralasciando il fatto che non pare affatto equo prevedere una tassazione di tale livello in campo alle micro imprese, laddove le grandi corporate riescono grazie alle normative a pagare livelli di tasse di gran lunga più basse, occorre esaminare i risultati raggiunti, cioè dobbiamo considerare i servizi.

In questa indagine che i dottori commercialisti del mio corso Masterbank hanno fatto dal punto di vista fiscale emerge che c’è una pressione fiscale sul micro-imprenditore che va da un 46% a un 53% del reddito prodotto con una mediana che si attesta intorno alla metà del valore totale prodotto. Ora voi capite che questa situazione è paradossale perché le aziende corporate invece pagano livelli di tassazione estremamente più bassi, come qualunque commercialista o tributarista che mi sta ascoltando potrà confermarvi.

Ma il problema è un altro: di quali servizi si appropriano le piccole imprese, di quali servizi si appropriano le grandi imprese, chi paga di più lo abbiamo già capito e soprattutto il trend è stato positivo o negativo nei decenni che abbiamo vissuto? Il punto è che noi abbiamo avuto certamente un aumento del prelievo fiscale da una serie storica di quasi 40 anni. La pressione fiscale è tendenzialmente aumentata o per aumento di aliquote o per riduzione di spese deducibili e utili imponibili. Quindi voi capite che sicuramente c’è stata più pressione fiscale. La domanda è: i servizi sono migliorati?

Malvezzi​ Quotidiani, pillole di economia umanistica con Valerio Malvezzi