Nella pavida provincia italica pare che lo stato d’emergenza persista. Vi è anche chi palesemente sostiene che quand’anche lo stato d’emergenza dovrebbe finire a marzo non di meno le misure attivatesi per contenere l’emergenza dovrebbero seguitare come se nulla fosse.

Vorrei a tal riguardo menzionare due nomi su tutti, quello di Ricciardi e Locatelli i quali pur da posizioni diverse hanno ugualmente sostenuto l’esigenza di far durare la tessera verde anche dopo la fine dell’emergenza. Si verrebbe così ad istituire una condizione del tutto paradossale, quella per cui le misure d’emergenza durerebbero oltre l’emergenza stessa.

Come è possibile che misure d’emergenza attivatesi per contenere l’emergenza e in ragione dell’emergenza stessa possano sussistere quando l’emergenza è finita? Mentre ciò accade nella pavida Italia, in Canada il popolo non si placa. In Canada sta divampando da giorni una grandiosa protesta partita dal movimento dei camionisti e presto estasi all’intera popolazione.

Una protesta che non si arresta di fronte alle intimidazioni e che soprattutto è incardinata su un principio fondamentale, quello per cui i diritti e le libertà non possano essere barattati per promesse di sicurezza. I canadesi stanno in altri termini contestando lo stato d’emergenza perenne, già mutato, anche in Canada, in stato di eccezione.

La protesta dei camionisti, della quale pochissimo si parla sui media europei per il chiaro intento di evitate che si propaghi per emulazione anche nel vecchi continente, è una mobilitazione che mette al centro la dignità umana e i diritti soppressi. I camionisti canadesi e per estensione tutti coloro i quali a quella protesta si sono aggregati, chiedono il pieno recupero delle libertà e dei diritti, muovendo dalla convinzione che non vi sia virus al mondo che possa giustificare una riorganizzazione autoritaria.

Il fabula docet che apprendiamo dalla vicenda dei camionisti canadesi è di vari ordini di interesse. In primo luogo la vicenda canadese ci segnala che il potere si arresta solo allorché trova di fronte a se una protesta organizzata di uomini e donne che dicono no e sono pronti ad articolare una forma di resistenza per non cedere ulteriormente diritti e libertà.

La seconda questione che apprendiamo, sinergica alla prima, è che quello stiamo vivendo è un vero e proprio golpe globale che non riguarda soltanto la sventurata Italia, che pur pavidamente subisce tutto e che fu capofila del Grande Reset, laboratorio avanguardistico dei nuovi assetti sociali ed economia, ma si tratta invece di un golpe globale, di una vera riorganizzazione planetaria del modo capitalistico della produzione.

È proprio per questo che troviamo, al netto delle differenze dovute anche alla diversa temperatura storica dei Paesi, soluzioni e modalità analoghe di questa riorganizzazione autoritaria, tanto a Roma come a Sidney o Montreal. Queste sono le due questioni che apprendiamo, come apprendiamo il fatto che il potere è sempre più forte semplicemente in ragione del fatto che non trova opposizione.

Se solo sapessimo dire di no anche in italia, in maniera pacifica e costituzionale, forse potremmo conquistare nel volgere di poco tempo, le libertà e i diritti che sono stati sequestrati e di cui non torneremo ad essere detentori a meno che non li riconquisteremo. Il potere ha bisogno dello Stato d’emergenza per fare ciò senza lo stato d’emergenza faticherebbe a fare.

Ecco perché non ci verranno restituiti tout court i diritti, a meno che non ci organizzeremo pacificamente e democraticamente per recuperarli.

RadioAttività, lampi del pensiero con Diego Fusaro