Da un anno e mezzo, l’Italia si trova a fare i conti con il SARS-CoV-2, meglio noto come Coronavirus. Lo stato d’emergenza è diventato ormai la normalità, sostituendosi a quella che era la vita prima del Covid-19. Come si è arrivati a tale situazione? Come i cittadini hanno accettato tutto quello che è stato imposto dall’alto, a partire dai lockdown?
Secondo lo psichiatra e criminologo Alessandro Meluzzi, quello che ha portato all’affermazione dell’emergenza è l’idea che vi sia un pericolo imminente, che va via via sostituendosi al concetto di rischio. Un cambiamento culturale quindi, non prettamente sanitario.

Il rischio, ovvero l’eventualità di subire un danno imprevisto, si è sostituito con il pericolo, diventando parte di esso. Mescolando le due cose si è giunti a vedere pericoli ovunque, scaturiti da un nemico invisibile che è il virus stesso (da non contrarre, anziché da curare). Questo ha portato alla generazione di una psicosi generale, avallata anche dal potere, che invece di lasciar correre come successo per i virus respiratori che precedentemente avevano interessato l’umanità, ha deciso di intervenire con provvedimenti e misure create ad hoc per generare un controllo maggiore sulla vita delle persone.
Il Prof. Meluzzi ci ha detto di più a ‘Un Giorno Speciale’.

“La prima cosa che fa scatenare l’emergenza è l’idea che ci sia un pericolo incombente che sta per produrre una grande catastrofe. Questa situazione si chiama di pericolo occorrente o imminente. Se tu sostituisci lo stato d’emergenza con il concetto di rischio, se il pericolo diventa rischio e viceversa, può succedere qualsiasi porcata. Tutti noi corriamo dei rischi: la società e il mondo sono sempre convissuti con i rischi ma li hanno sempre distinti dal pericolo. Bisogna fare un passo indietro: come era il mondo prima che in un salotto e in un laboratorio – del quale si parlò in un seminario alla Pfizer nel 2014 con Fauci – decidessero certe cose? I virus respiratori ci sono sempre stati, come la spagnola, l’asiatica, la SARS-1, la suina, l’influenza dei polli… Non essendo diffusi per obbligo i test, il virus circolava rapidamente e molti si limitavano a produrre gli anticorpi. La società viveva tranquillamente durante queste epidemie, succedeva che qualcuno si ammalasse e morisse e tutto proseguiva nel suo corso.

Ad un certo punto si è detto: perché lasciare circolare rapidamente i virus? Faccio un esame concreto di come sarebbe il mondo se avessimo vissuto questo Covid-19 come le precedenti. Avremmo avuto questa malattia abbastanza insidiosa per chi ha il sistema della coagulazione compromesso, chi veniva curato bene con le terapie del SARS-1, eparina e antinfiammatori, i morti sarebbero stati pochissimi. Chi aveva bisogno di terapia intensiva l’avrebbe avuta e così via. In Svezia è stato consentito questo agreement perché c’è una certa disponibilità nell’impiantare il microchip, che deve consentire loro di avere il conto in banca, di pagare le tasse e così via. Il problema principale è il controllo e l’accettazione del controllo da parte dell’élite. Il problema fondamentale è di subire il potere. Se questo fosse stato fatto con il Covid il problema non ci sarebbe stato. All’inizio si diceva che non aveva senso far tamponi agli asintomatici. Fino a che si continueranno a fare milioni di tamponi, non finirà mai perché in quanto pandemia non è mai iniziata. È una pandemia di diagnosi. Coloro che si ammalano, se non vengono curati, muoiono. Coloro che sono curati bene non si ammalano e non muoiono e il risultato sarebbe fallito. Il risultato economico era quello dei vaccini. La medicalizzazione totale e l’algoritmizzazione della società. Questa pandemia non finirà mai. Il vero problema non è quello virologico e immunologico ma è quello della confusione di rischio e pericolo. Si può indurre qualsiasi tipo di comportamento collettivo.

Queste cose non le sto inventando ma lo dissero in un seminario della Pfizer con Fauci presente. Dissero: “Per quale ragione mai la gente dovrebbe continuare a comportarsi normalmente se in giro c’è un virus respiratorio?”. Così è sempre stato ma quella stagione è finita, perché adesso c’è un sistema di controllo totale, totalizzante e onnicomprensivo che deve controllare tutti. Ci sarà sempre una nuova variante perché i coronavirus non muoiono mai e un vaccino imperfetto favorisce la creazione di varianti. Non c’è un dopo-pandemia”.