A Trieste in questi giorni si è riaccesa la fiamma della speranza. La fiamma della speranza del riscatto sociale e della lotta pacifica quanto risoluta contro il leviatano tecno-sanitario con la sua postura e con la sua impostura. Il fondamento primissimo del leviatano è: vi è un’emergenza che mette a repentaglio la vita e per garantire la sicurezza della vita in temo di emergenza occorre rendere accettabile ciò che nella realtà sarebbe inaccettabile.
Ecco allora le limitazioni dei diritti e la compressione delle libertà giustificate come necessarie per garantire la sicurezza della vita messa a repentaglio dall’emergenza.
Questo dispositivo pareva ormai consolidato nella tessera verde della discriminazione a norma di legge e del controllo bio-politico totale e totalitario, fino a quando sono insorti i portuali di Trieste, che hanno posto il piede nello stipite della porta impedendole di chiudersi forse per sempre. Lì è divampato il fuoco della speranza, andando a coinvolgere altre città portuali, tra le quali voglio rammentare Genova, secondo porto di tutto il Mediterraneo, una città con una forte tradizione operaia di protesta.

Le classi dominanti, che già pensavano di aver chiuso la partita, hanno cominciato a preoccuparsi, da che forse le classi dominate non vogliono essere subalterne e hanno cominciato a mobilitarsi per un riscatto. E come sappiamo già da tempo, le classi dominanti quando vedono i primi segni prodromici dei dominati, debbono mobilitare l’intero apparato intellettuale, ossia devono sguinzagliare i loro intellettuali di completamento in modo che essi reprimano il dissenso in termini intellettuali e ideologici e rinsaldano il consenso rispetto al blocco dominante.

Ecco allora che si conferma quanto già da tempo sappiamo. Gli intellettuali sono la parte dominata della classe dominante. Il loro obiettivo in ultimo sta nel garantire la tenuta del consenso dei ceti dominati rispetto al potere del gruppi dominanti. Se volessimo dirla con Platone, gli intellettuale sono come i sofisti che devono far sì che i cavernicoli restino nella spelonca pensando che quella sia la sola libertà possibile e anzi, mobilitandosi con zelo unicamente contro chi volesse liberarli.

Cito tre casi di intellettuali e uomini politici che non hanno perso occasione per prendere per difendere l’operato tecno-sanitario capeggiato da Mario Draghi, l’ex banchiere nonché ex governatore della BCE.
Sentite cosa ha detto Paolo Mieli su LA7: “Anche i panettieri hanno lavorato durante la pandemia e nessuna categoria fa questo appello sul tampone gratis”. Ecco le parole dei pedagoghi del nuovo ordine mondiale.
Ma sentite ancora David Parenzo, quello che io definisco bonariamente il Turbo-Parenzo. Testualmente su LA7: “Non ci può essere la trattativa Stato-portuali, spero che il Governo non scenda a patti”.
Cito poi il terzo e ultimo caso ed è quello di Romano Prodi, uomo di potere senz’altro che ha affermato ancora su LA7: “Le categorie che si ritengono indispensabili fanno forza su questo e ricattano la comunità”.
Ebbene sì, secondo Romano Prodi, ad utilizzare le vili armi del ricatto sarebbero i lavoratori che non accettano la tessera verde.
In un orwelliano rovesciamento troviamo come portatori del ricatto non gli agenti del Governo bensì i portuali e lavoratori che provano a respingerlo. Così parlò Romano Prodi, un noto difensore della causa dei lavoratori e anche consulente della Goldman Sachs dal 1990 al 1993.

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