Un nuovo spettro si aggira per gli studi di tutti quei medici che in questi mesi hanno disobbedito alle linee guida dettate dall’alto e hanno in autonomia adottato le ormai famose terapie domiciliari. A creare scompiglio è però adesso un protocollo redatto dal Ministero della Salute, su cui si riflette per capire quale spazio è stato riservato alle cure che da inizio epidemia si sono dimostrate efficaci contro il Covid.

Il documento in questione è stato mostrato in diretta dal dottor Pietro Luigi Garavelli, uno di quei medici che ha guarito i propri pazienti servendosi di farmaci come Ivermectina e Idrossiclorochina. Ospite di Fabio Duranti e Francesco Vergovich, il primario di Malattie Infettive dell’Ospedale di Novara ha riferito di alcuni colleghi scettici nei confronti del nuovo protocollo che restringerebbe ancora di più il campo di azione delle cure domiciliari.

Ecco l’intervento del Prof. Garavelli a Un giorno speciale.

Nuovo documento sulle cure domiciliari

“Come mi hanno accennato nel breve commento molti colleghi, ma io non l’ho letto, questo documento andrebbe in un’ulteriore restrizione delle cure domiciliari. Io posso solo riferire alcuni colleghi che mi hanno mandato questo documento e mi hanno detto: ‘guarda che in questo documento tutta una serie di approcci, sui quali le cure domiciliari facevano punti fermi, in questo documento in realtà sono state ristrette ancora di più”.

Medici e protocolli

“I medici per proteggersi seguono dei protocolli rigidi che dovrebbero essere garanzia nei loro confronti. Questo sistema americano, io seguo il protocollo rigido così mi garantisco da azioni risarcitorie, si è esteso in tutto il mondo. Anche in Italia, la legge Gelli che è quella che interviene nell’ambito della colpa professionale, recita che il medico se segue il protocollo avrebbe meno problematiche in caso di esito infausto delle sue cure. Inseguire pedissequamente i protocolli è ormai indicato come garanzia”.

“Evoluzione oligarchica del mondo”

“Io sono un medico del sistema sanitario pubblico, che non fa libera professione e che non è a libro paga delle case farmaceutiche. Credo che la sanità in primis debba essere pubblica e debba garantire lo stesso accesso di cure e la stessa qualità di cure alla popolazione, indipendentemente dal reddito. Purtroppo in questa evoluzione oligarchica del mondo si sta andando in senso inverso”.

“Dati drammatici in America Latina”

Faccio un esempio concreto sul Covid: io ho la fortuna di partecipare a un board internazionale sulle cure precoci di Covid e nello specifico anche sull’impiego dell’Ivermectina. Ebbene, l’esempio più tipico e clamoroso è rappresentato dai Paesi latinoamericani, dove la quota minoritaria di popolazione ricca ha un certo accesso di cure nei confronti del Covid. Il resto della popolazione è lasciata allo sbaraglio e le cure sono assicurate dal volontariato e da organizzazioni internazionali. E’ ovvio che gli esiti di sopravvivenza sono diversi e drammatici: i ricchi hanno una certa sopravvivenza, i poveri hanno dei dati drammatici di mortalità.

Il medico deve essere meno legato ai protocolli che sono imposti, perché il contatto costante con l’ammalato può far variare il modo di lavorare che non è consentito dai protocolli”.