È ufficiale: anche la Sardegna sta per perdere il famigerato contentino della zona bianca. Lo “zuccherino” per premiare i più virtuosi collaborazionisti del regime terapeutico.

Non v’è di che meravigliarsi: la zona bianca è un miraggio, una sorta di utopia che serve a far sì che l’asino continui a inseguire con zelo la carota che gli viene fatta pendere incessantemente sotto il naso. Nella speranza destinata a rimanere un’illusione di raggiungere la carota, l’asino procede senza sosta e a testa bassa. Lavora per il padrone che gestisce univocamente l’inganno stesso della carota.

Il regime terapeutico prosegue indefessamente al punto che a un anno di distanza ormai ci troviamo di fatto nella condizione di partenza e ciò secondo l’andamento a yo-yo di questa pandemia. Pandemia che già da tempo chiamo infinita, dacché non potrà mai terminare perché se finisse si dovrebbe tornare a quella normalità che il blocco oligarchico neoliberale ha scelto di archiviare per sempre in nome della nuova normalità terapeuticamente strutturata.

La famigerata zona bianca non coincideva affatto in Sardegna con un ritorno alla piena normalità pre-Covid, nemmeno per sogno. Era semmai una tenue variante della zona gialla. Giacché comportava comunque delle misure anti-Covid che garantivano in ogni caso la sussistenza della nuova normalità.

Il potere non concede diritti, né restituisce quelli che si è preso. I dispositivi che si sono attivati con l’emergenza non se ne andranno, persisteranno anche una volta che sarà finita l’emergenza in senso stretto. Il dispositivo del distanziamento non scomparirà mai più, si seguiterà all’infinito a concepire l’altro come un virus. Analogamente non si farà mai retromarcia dal telelavoro o dalla didattica a distanza.

Si continua a non capire che siamo al cospetto della più grande riorganizzazione della società.

RadioAttività, lampi del pensiero con Diego Fusaro