Il famoso tracciamento dei contagi, ormai lo si sa, è cosa davvero difficile da realizzare, tant’è vero che imperversa ancora la polemica di quelle categorie la cui attività deve restare chiusa per una non meglio determinata maggior infettività (che però è molto difficile dimostrare). Tra queste ci potrebbe essere anche la scuola, che in vista di una crescita esponenziale dei numeri degli infetti, potrebbe ancora chiudere i battenti.
Uno studio recente tuttavia ha fatto luce riguardo l’attitudine al contagio all’interno degli istituti: rispettando le norme di distanziamento e igiene è possibile ridurre al minimo il rischio di contrarre il Covid. Parola della Società Italiana di Pediatria nella persona di Alberto Villani, membro del comitato tecnico-scientifico che a ‘Lavori in Corso’ ha svelato i luoghi in cui invece – secondo lo studio – prospera in maniera molto più copiosa il contagio.
Ascoltate la sua intervista da Stefano Molinari e Luigia Luciani
“Stabilire con esattezza se il contagio sia avvenuto a scuola è molto difficile. Noi come Società Italiana di Pediatria abbiamo fatto uno studio ancora in corso che ha certificato – pubblicato su rivista scientifica – che laddove le regole vengono rispettate, il contagio dentro la scuola non c’è.
Come altro dato recente abbiamo una statistica che evidenzia che in media su 4 soggetti positivi sui quali è stato possibile risalire all’origine del contagio, 3 hanno un contagio intradomestico e uno ha contagio scolastico.
Le scene che abbiamo visto tutti confermano il fatto che se si ha la possibilità di stare in un luogo in cui si è controllati (e la scuola è uno di questi) il rischio di contagio è decisamente inferire rispetto a quello che avviene fuori.
Il punto è: tutto quello che viene deciso come modalità di risposta alla diffusione del contagio è vincolato proprio ai dati epidemiologici.
Se le varianti si stanno dimostrando più contagiose del 30-40% rispetto al virus originario questo significa che in poco tempo ci può essere un aumento esponenziale dei contagi. L’esempio banale è rappresentato dal fatto che se una persona ne infetta due, nel terzo-quarto passaggio arriviamo a circa 64; se invece ne infetta tre andiamo oltre le centinaia.
Il vero problema che va guardato è che più della metà degli edifici scolastici risalgono a prima della nascita della nostra Repubblica, che le scuole italiane sono prevalentemente edifici vecchi e non concepiti come scuole. Allora la vera problematica a questo punto è che, per far sì che le scuole siano sicure occorre investire: investire anche nella cultura. Come Società Italiana di Pediatria ci battiamo non solo per aumentare le ore di educazione civica e formare dei cittadini più coscienti, ma per introdurre anche l’educazione sanitaria nelle scuole.
Le scuole sono l’ultimo baluardo: quando proprio la situazione epidemiologica è tale da dover chiudere tutto, purtroppo bisognerà chiudere anche le scuole. Questo dipende dai numeri, fino ad allora bisognerà fare di tutto per cercare di mantenerle aperte“.