Il sorteggio poteva certamente essere più benevolo, a Nyon; del resto, l’urna del Milan insegna che sarebbe potuta andare molto peggio anche alla Roma.

Le manine di Yakin hanno fatto girare le sfere, in tutti i sensi, facendo trovare lo United ai rossoneri e lo Shakhtar Donetsk alla squadra di Paulo Fonseca, che dopo il Braga ritrova un altro suo vecchio club; anzi: trova la società che lo rivelò alla platea internazionale e, nella fattispecie, fece sì che da avversario attirasse le mire della dirigenza romanista.

La squadra simbolo dell’area mineraria ucraina vanta una granitica esperienza, ormai, nei confronti europei; è più volte capitata sulla strada delle italiane – ultima l’Inter nello scorso autunno in Champions League – e, nella fattispecie, ha già incrociato la Roma in varie stagioni: l’ultimo precedente è del 2018 negli ottavi di finale di Champions: la Roma perse 2-1 fuori casa per poi vincere 1-0 (grazie a Dzeko) il ritorno all’Olimpico. In panchina, quella ucraina, come detto c’era Paulo Fonseca. Era l’anno della cavalcata fino alla semifinale dei giallorossi di Di Francesco.

Attualmente secondi, a un punto dalla capolista Dynamo Kiev, gli uomini di Luis Castro – continua in panchina la tradizione delle guide tecniche lusitane – si segnalano per la grande compattezza, evidenziata anche dai numeri: 35 reti segnate a confronto con le sole 11 subite,
Taison a parte, lo Shakhtar è una compagine che, oggi, non ha gli attaccanti di pregio di tre stagioni orsono, ma vanta una rodata organizzazione difensiva e una elevata efficacia in fase di ripartenza. Sarà una sfida intrigante tatticamente, tutta interna alla corrente dei tecnici portoghesi disseminati per l’Europa, per la quale serviranno innanzitutto la Roma migliore possibile e, consequenzialmente, la capacità di Pellegrini e compagni di imporre i propri ritmi. Anche in considerazione del fatto che la gara di ritorno, il 18 marzo, si disputerà all’Olimpico. Insomma: senza nulla sbagliare, si potrebbe anche fare.

Paolo Marcacci