Diminuiscono i posti letto disponibili, diminuiscono i morti. Due dati che vanno di pari passo, quasi a sottolineare la doppia faccia di questo virus: pericoloso non a livelli mortali, ma potenzialmente letale negli ospedali.
Non nelle terapie intensive, dove al massimo si è arrivati a occupare il 50% dei posti letto impiegati nella prima ondata.

E’ successo in Piemonte, dove il Prof Giovanni Di Perri, virologo operante presso l’Ospedale Amedeo Savoia di Torino sta registrando le enormi differenze tra i primi giorni dell’epidemia di Covid italiana, e l’ultimo mese.
Dati estremamente discordanti vengono fuori da un paragone che aiuta a rendere l’idea della situazione attuale: dalla gravità in calo delle infezioni al potenziale intasamento da scongiurare nelle strutture ospedaliere.
Tutti i dettagli nell’intervista di Stefano Molinari e Luigia Luciani.

Sofferenza degli ospedali? C’è nei numeri e nella prospettiva. Nei numeri perché – non tanto le terapie intensive ancora a meno del 50% nel giorno di massima occupazione – ma nei ricoveri cosiddetti convenzionali. Lì abbiamo raggiunto l’80% della massima occupazione per Covid che si ebbe nella prima ondata.
Quindi numericamente e nella prospettiva il pericolo c’è. Senza contare che nelle statistiche della prima ondata dobbiamo considerare che eravamo in lockdown, quindi parliamo di un contenitore che si chiude.

Bisognerebbe esplorare bene la geografia di quest’infezione, le massime concentrazioni e dedicarsi alla chiusura focale di determinate aree. Certamente in questa fase sia Torino che Milano hanno avuto una concentrazione di casi che, relativamente alla provincia, non c’è stata nella prima ondata.
In Piemonte ad esempio fu più la parte orientale ad essere interessata nella prima ondata, invece questa volta più quello occidentale. A Torino e Cuneo. Forse c’entra una certa attività transfrontaliera con la Francia che l’aumento di casi l’ha avuto molto prima di noi.
Se Torino va chiusa? Qualcosa. Qualcosa di Torino va chiuso.

A volte basta una stupidaggine. ‘Ma gli ho dato un passaggio in macchina’: eh, non glie lo dovevi dare. A volte lo si fa anche inavvertitamente.
Questa è un’infezione talmente facile da trasmettere che non te lo perdona, un qualcosa di banale a cui non hai pensato a quel momento. Non c’è comunque da colpevolizzare nessuno, ma è un richiamo quasi a un atteggiamento ossessivo per chi riesce a lavorare e ad avere una vita di relazione.

Se noi confrontiamo questi ultimi quaranta giorni con i primi quaranta della prima ondata e andiamo a guardare solo chi si è rivolto a un ospedale (togliendo quindi gli asintomatici) vediamo come la mortalità in aree come il Piemonte scende di 5 volte e in Lombardia scende addirittura di 15, forse 20.
Se andiamo nel Lazio invece la discesa è appena percettibile, come se in un’area dove il fenomeno ha già battuto di recente in maniera violenta, molti di coloro che dovevano morire sono già morti nella prima ondata. Questo potrebbe essere uno dei fattori, insieme al fatto che la seconda ondata riguarda persone più giovani, che quindi si ammalano meno gravemente
“.


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