L’ho detto e lo ribadisco: il fine del lockdown è politico, non sanitario.
I confinamenti servono a 5 obiettivi che rispondono a chiari intenti di riorganizzazione sociale, politica ed economica.

Servono innanzitutto ad umiliare la popolazione, ad abituarla al potere incondizionato che può calpestarla.
Servono poi a farle metabolizzare il distanziamento sociale come normale, dignitoso e perfino desiderabile se comparato con l’estremo del lockdown della Fase 1,
in terzo luogo servono a imporre la nuova società senza rapporti, o “contactless society” dei rapporti digitali.
In quarto luogo sterminano i ceti medi e le classi lavoratrici producendo una nuova plebe priva di tutto e completamente subalterna al nuovo ordine imperante.
il confinamento serve infine al trionfo incontrastato dei colossi e-commerce e delle multinazionali sul tessuto della piccola e media impresa.

Il fatto che il lockdown sia un discorso politico, più che medico, mi pare provato dai casi dell’Australia e dell’Argentina. In entrambe le realtà il confinamento non solo non ha prodotto benefici sul piano medico-sanitario: ha addirittura generato conseguenze esiziali, disastrose.

Secondo i dati riportati dall’Adnkronos su ottobre 2020, dopo tre mesi di confinamento, Melbourne ha ottenuto come risultato il peggior tasso di mortalità in Australia. Ancora, ha registrato una media di 1200 posti di lavoro persi ogni giorno, un’aumento del 30% dell’assistenza per compromissioni della salute mentale e, dulcis in fundo, 6,3 miliardi di dollari di perdite per le attività economiche.

Non è andata tanto meglio all’Argentina, teatro del confinamento più lungo del mondo durato più di sette mesi.
Secondo quanto riferito testualmente da “Le Iene” il 9 novembre, ha lasciato dietro di sé risultati ancora non decisivi nella lotta, una gigantesca epidemia locale di coronavirus, e una popolazione allo stremo, letteralmente alla fame.

Con questi dati davvero qualcuno ritiene ancora, follemente, che il lockdown abbia una finalità medico-scientifica?
Davvero non avete capito che è sempre e solo la vernice di un discorso ideologico – una superstruttura, direbbe Gramsci – che glorifica, legittima e santifica una nuova struttura economica, sociale e politica che è quella del “Great Reset”, il grande azzeramento: una nuova riorganizzazione della società che distrugge i ceti medi, ridisciplina in forma autoritaria e impone il primato assoluto dei globocrati della finanza, dell’e-commerce e delle multinazionali.

RadioAttività, lampi del pensiero quotidiano – Con Diego Fusaro


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