Il piatto piange. Il denaro nelle casse di molte società di Serie A scarseggia e non poco. Il campanello d’allarme aveva fatto sentire la sua voce già prima della batosta Covid-19. Ora però sembra proprio che la situazione stia prendendo un viatico davvero preoccupante.

Secondo quanto riportato dal quotidiano ‘Repubblica’, in una ampia inchiesta pubblicata oggi, 15 società su 20 accusano serie difficoltà nel pagamento degli stipendi ai propri calciatori. Mancano incassi e risorse per rispettare determinati impegni in uscita.

Sulla complessa questione hanno dibattuto le Teste di calcio in diretta

Stefano Agresti

Sono diverse le società che non riescono a pagare gli stipendi. Ieri il Consiglio Federale ha deliberato che gli stipendi, invece di essere pagati il 16 novembre, possono essere pagati il primo dicembre. Questo è un aiuto anche nel pagamento dell’Irpef che slitta all’anno nuovo. Si sono opposte l’Associazione Calciatori e l’Associazione Allenatori, però il Consiglio è andato avanti per la sua strada. Sono stati garantiti gli stipendi inferiori ai 50.000 euro. Quindi questo è stato fatto per garantire i tesserati che prendono pochi soldi. Mentre i pagamenti dei calciatori potranno anche essere effettuati il primo dicembre senza incorrere in penalizzazioni.

Luigi Ferrajolo

Secondo ‘Repubblica’ sono 15 su 20, società di Serie A, che in questo momento non potrebbero pagare gli stipendi. Credo che il Consiglio Federale sappia i nomi ma abbia voluto mantenere la riservatezza. Credo che questo slittamento, deciso per evitare che si incorra nelle penalizzazioni, è anche stato preso in attesa che possa arrivare un contributo dal Governo di 700 milioni se non sbaglio. Le società, in questo momento, non hanno entrate ma solo uscite.

Tony Damascelli

Senza cadere nel populismo e nella demagogia, io penso che qualche forma di solidarietà da parte dei professionisti ci debba essere prescindendo dal supporto dello Stato. In qualsiasi settore c’è stato un principio di solidarietà. ‘Sacrificio’ è già un sostantivo che non compete e riguarda un vero professionista. Però sarebbe opportuno un atto di grande responsabilità nei confronti di chi gioca a pallone con uno spirito un po’ diverso e più ludico rispetto a loro. Poi le società hanno responsabilità loro di esercizio e gestione. Però sotto l’acqua c’è una situazione abbastanza torbida. Mi risulta che ci siano grandi club in difficoltà.

melli

Franco Melli

Io penso che le strade ormai sono due. Nella prima, quella principale, il mondo del calcio deve entrare nel dolorosissimo ordine di idee di darsi una drastica ridimensionata. Io parlo di dirigenti, di società e giocatori. Abbiamo assistito sbigottiti ad un mercato dove addirittura i giocatori chiedevano di più di quanto avrebbero preteso e chiesto in tempi normali. Quindi o ci sarà un drastico ridimensionamento, altrimenti molte società falliranno e probabilmente è a rischio l’intero movimento. L’altra strada è quella degli Emirati, dei cinesi e delle risorse ‘esotiche’ per potersi dare una nuova struttura. Dal punto di vista dell’imprenditoria italiana credo non ci sia più nessuno che voglia spendere o sprecare soldi per il calcio.

Alessandro Vocalelli

Penso che se vogliamo credere nella favola che il Covid ha messo in ginocchio il calcio italiano, siamo fuori strada. Il movimento era in crisi già da prima. Questo è un mondo in cui non solo Ronaldo guadagna 20 milioni di euro, ma si è dato dei livelli che sono assurdi. Giocatori normali, che guadagnano 2 milioni e mezzo  o 3, per convincerli ad accettare un trasferimento si sono visti aumentare sensibilmente lo stipendio. Un mondo in cui dirigenti o uomini di mercato, che non so cosa avrebbero fatto nella vita se non questo,  che guadagnano 1 milione e mezzo o 2 milioni di euro l’anno. Un mondo in cui ci sono allenatori che stanno a casa a guadagnare 500mila euro al mese. Va bene anche aiutarli, ma facessero un primo passo loro con proposte di soluzioni per non affogare.