L’addio di Pallotta ha coinciso, plasticamente, con l’eliminazione della Roma dall’Europa League.

Dopo il quinto posto in campionato, c’era la speranza che almeno la Coppa riservasse qualche soddisfazione in più. Invece, niente. In perfetta combinazione con il fine ciclo americano di Pallotta, è arrivata la consapevolezza che anche la squadra va cambiata radicalmente per riportare la Roma ad essere semplicemente… la Roma.

Cioè un club, una squadra, capace di essere al passo della sua storia recente e di essere competitiva in campionato e in Europa, invece di dover abbandonare la scena al primo ostacolo serio.

C’è insomma tanto da lavorare per Friedkin, che dovrà prendere atto della necessità – insieme al suo nuovo staff – di mettere pesantemente mano alla sfera tecnica.

La Roma ha un portiere con troppi alti e bassi – significativa l’indecisione che ha spalancato la porta al Siviglia – un pacchetto difensivo da cambiare completamente, perché dopo l’addio di Smalling non c’è un elemento davvero affidabile e di livello internazionale, un centrocampo che in troppi elementi è di un livello appena sufficiente (con pochi picchi come Pellegrini e Zaniolo), un attacco che non può basarsi esclusivamente su un grande cannoniere di 34 anni.

Insomma, la Roma è da rifare, per dare ai tifosi – che hanno salutato l’arrivo di Friedkin con gioia – quelle soddisfazioni che meritano.

Dopo dieci anni bisogna tornare all’idea di una Roma finalmente vincente. Di una Roma che, per ambizioni e per spirito di appartenenza, torni come detto ad essere la Roma.

Alessandro Vocalelli


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