Dopo aver conseguito la laurea in Ingegneria venne inserito nell’azienda paterna come operaio, come accadeva di sovente in tutte le aziende della grande imprenditoria italiana.

Il suo nome era Adriano Olivetti. 

La sua cultura del lavoro rappresentò forse il più alto esempio di come si possa concepire una comunità di lavoro umana e realmente moderna.

La luce, gli spazi, il sacrificio nel rispetto della persona, la bellezza architettonica, il verde, la cura e l’attenzione ai bisogni, il talento, la creatività.

Prima la formazione, poi l’esperienza dal basso, poi la cultura e l’esperienza di vita per la propria comunità, quindi la fabbrica, poi il successo di impresa, l’amore per l’urbanistica, la pianificazione del proprio territorio e soltanto al culmine della propria esperienza, la Politica (a 57 anni) al servizio della Patria.

Il suo nome era Adriano Olivetti.

La formazione di un giovane avviene per stadi attraverso la conoscenza teorica degli eventi e dei fenomeni scientifici, di norma si arricchisce con la specializzazione, finanche post accademica, in un settore di interesse e si consolida attraverso l’esperienza ed il buon esempio.

Sia negli studi che negli ambienti di lavoro la maturazione completa di un individuo, anche qualora non abbia avuto possibilità o voglia di studiare, avviene partendo dal basso, percependo conoscenze ed acquisendo esperienze in grado di pianificare correttamente piani gestionali sempre più complessi, nonché risolvere criticità sempre più difficoltose.

Una carriera, che si snoda riducendo i buchi ed i salti nel vuoto, si muove nel verso della completezza, generando così una solida cultura del lavoro ed una creatività sostenibile, in cui la preparazione e l’esperienza consentono di offrire i pilastri su cui poggiare il sogno e trasformarlo in realtà.

La cultura poi sostiene l’intuito ed offre all’idea un corretto e sano inserimento nelle dinamiche sociali, economiche e soprattutto umane.

L’esempio poi, costituisce una parte fondamentale nella formazione dell’individuo. Anzi è la più grande responsabilità di un genitore, di un lavoratore/datore e di uno Stato.

Ecco perché non si comprende come uno schema di successo così collaudato che ha fruttato ad un piccolo paese come l’Italia le prime piazze mondiali nell’economia, ma prima ancora nel pensiero e nella scienza, sia stato sovvertito all’insegna dell’improvvisazione e della superficialità.

Un cambiamento tanto per cambiare.

Puro e deleterio trasformismo. 

L’istruzione non conta più nulla. La gavetta ancor meno. L’esperienza neanche a pensarci. L’esempio quando va bene lo si delega agli altri.

All’istruzione il nuovo imperante trasformismo sostituisce il Grande Fratello, assai più foriero di ‘eccitanti opportunità’.

La gavetta può essere sostituita abilmente dalle scorciatoie e dalle ben remunerate ‘passeggiate’, oramai accessibili a tutti, tra i più delicati ruoli di Stato, un tempo presidio e tutela dell’interesse pubblico, oggi luogo di bivacco per avventurieri, improvvisati, cinici voltagabbana ed artisti del nulla.

Quanto all’esperienza ed all’esempio: il peggiore.

Si può essere ai vertici dello Stato a trent’anni saltando da zero a nulla e vivendo il brivido di governare un dicastero senza aver minimamente contezza del ruolo che si sta svolgendo.

Quale esempio migliore per un giovane?

A cosa serve impegnarsi, magari laurearsi, specializzarsi, iniziare in fabbrica dal ruolo più basso e quindi fare la gavetta per pensare un giorno di governare i processi con responsabilità, risultati, cultura e quindi umanità?

Oggi dopotutto, si può fare il ministro a trent’anni senza responsabilità, senza risultati, senza cultura e senza quindi, poter esser utili alla propria comunità?

Meglio che a 15 anni, mi dice mio figlio, piuttosto che impegnarmi a scuola mi vada a divertire con i tuoi soldi, senza sacrifici, tanto poi, potrò continuare a divertirmi, candidandomi ad un ruolo di vertice politico con lo Stato che si sostituirà a te nel mantenermi.

Il nuovo che avanza vorrebbe far credere al popolo, peraltro, con esempi concreti, che le regole che garantiscono dalla notte dei tempi la sana conservazione di una civiltà possano essere bellamente sovvertite dalla piacevole coltivazione del successo senza sacrifico, dall’assunzione di ruoli di responsabilità, sarebbe più opportuno parlare di occupazione se non di usurpazione, senza competenze, senza cultura e senza esperienza. 

Figlio mio se perseguirai l’esempio di lucignolo potrai fare il gradasso fino a che le fatiche di tuo padre ti sosterranno e poi che Dio te la mandi buona!

Del pari in politica potranno governare sino a che avranno dilapidato l’ultima goccia di sudore di chi ancora crede e si sacrifica per il paese. Poi, le truppe dei nuovi governatori, già son pronte a varcare i confini nazionali.

Forse soltanto allora alcuni impareranno dal sacrificio senza prospettive che verrà chiesto agli schiavi l’importanza di quelle regole che un tempo resero un Popolo: degno, umano e civile. La nostra Patria.

Qualche tempo fa mi ero trattenuto a lungo dopo la lezione a parlare con i ragazzi (ero in ritardassimo) e mentre scendevo a due alla volta i gradini dell’Università vedo il cenno di un ragazzo che timidamente mi si avvicinava. Mi sono fermato, era una matricola, peraltro molto spaesata, che mi chiedeva informazioni circa il prossimo corso, che credo di avergli fornito con sufficiente dettaglio (visto che poi non salto neanche una lezione).

Ma la cosa che mi stupì è che mi disse: ho ascoltato che nell’ultima parte della lezione gli studenti si sono soffermati a lungo sulla Costituzione e sul concetto di Patria, ma praticamente cosa è la Patria?

Gli dissi: la Patria è in Lei. Offrire assistenza a Lei, ed a chiunque tra i suoi colleghi lo chieda, significa servire i figli della Patria. Lei per me oggi, ha rappresentato, nel mio piccolo, una buona occasione per servire la Patria.

Enrico Michetti


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