Sono stupito ma neanche troppo perché so benissimo che il populismo e il non avere una memoria storica sono una cosa molto radicata in questo mondo“, lo disse Arrigo Sacchi dopo esser stato tacciato di razzismo per aver detto la sua su come risollevare i vivai italiani.

Di certo però Arrigo Sacchi non è mai stato tacciato di non saper allenare, questo non solo per suoi meriti, ma anche per sua fortuna, semplicemente perché non ha allenato negli anni post-duemila.
In questo variegato, strano mondo in cui bisogna stare ben attenti a ciò che si dice in mix zone ma non a giudicare gli altri su una materia in cui non si compete qualunque professionista può infatti diventare un incapace nell’arco di una stagione.
No, non si sta parlando dell’ormai nota querelle Allegri-Adani, perché l’opinionista di Sky, seppur nei suoi modi burberi, conosce un minimo la materia delle trasmissioni a cui partecipa.
Il partito dei mancati allenatori che in Italia conta molti adepti (forse sarebbe alla maggioranza se andassimo a votare), conta invece pochi esperti di ciò che accade in campo, ma nessuno di loro sembra saperlo perché guardare tutti i match di tutte le competizioni calcistiche esistenti sembra bastare per fare di loro degli scienziati di questo sport.

Così i tre patentini necessari per accedere al professionismo, le graduatorie superate per accedere ai corsi e una certa dose di intuitività che ha garantito ad alcuni degli allenatori più talentuosi del nostro campionato di arrivare a certi livelli non gli è bastata per evitare di ritrovarsi senza lavoro.
E’ accaduto ad Allegri, che dopo il famigerato incontro ravvicinato con l’Ajax non ha più alcuna attitudine nella mente di molti allenatori da divano. Avallando il discorso sulle due finali conquistate (a cui comunque gli stupidi non avrebbero avuto accesso), era successo ad altri suoi predecessori, quell’Alberto Zaccheroni trattato come un novellino al primo giorno dopo esser sceso in un settimo posto frutto più del periodo di quella Juventus che dei suoi demeriti, ma anche quel Claudio Ranieri che tutt’ora (o fino a qualche settimana fa) era sulla graticola. Tornando al toscano, Guardiola non ha vinto tutti gli anni la Champions pur avendo a disposizione il giocatore migliore del mondo. Giusto per ricordarlo.

Uno che alla graticola ci è abituato è Gennaro Gattuso, anche se al Milan ormai è un prerequisito richiesto.
Lo richiederanno di certo ad Eusebio Di Francesco in caso di colloquio, anche se un’opzione del genere ha già fatto drizzare i capelli ad alcuni tifosi milanisti, spaventati esattamente da non si sa cosa. C’è già addirittura una campagna social contraria all’arrivo dell’ex tecnico romanista, sulla base – forse – del non saper più allenare come due stagioni fa, quando ha eliminato il Barça del miglior giocatore al mondo (ricordiamolo di nuovo), o forse di un atteggiamento poco “televisivo”, che non convince lo spettatore erudito di tattica e conscio alla perfezione della forma fisica settimanale dei calciatori.

Già, perché ormai l’apparenza ha del tutto sostituito la sostanza.
Gli allenatori che piacciono al partito dei tecnici da divano indossano tutti una giacca in cashmere, pagata dagli almeno dieci milioni netti percepiti a stagione (guai a offrire meno).
Facciamo chiarezza: nessuno sostiene che i precedenti allenatori abbiano fatto scelte sbagliate, errori costati cari perfettamente criticabili.
Per i mancati tecnici del bar sport dovrebbero cambiare lavoro: strano che siano diventati tutti incapaci. Precisiamo, criticare è un sacrosanto diritto, ma le critiche non tolgono il lavoro.

Alessio De Paolis