Il confine che separa il successo dal dimenticatoio è più sottile di quanto si pensi: ha un’estensione massima di più o meno 12 centrimetri che talvolta impediscono al pallone di passare negli altri sette metri disponibili. Questa è la distanza che separa la gloria dall’oblio, la vittoria dalla sconfitta, un gesto memorabile ricordato da tutti da una prodezza finita nel dimenticatoio.

Questo perché il calcio non è uno sport che aspira alla perfezione, la precisione massima non è una qualità ricercata: pensate all’imperfezione con cui Roberto Carlos ha calciato quel pallone che ha trafitto la Francia, che movimento contorto deve aver fatto per dare al pallone quella piega impossibile. Invece quando si tira in modo perfetto l’esito è solo uno: palo. Destino crudele se arriva dopo un’azione elaborata, magari in una partita di spicco, dopo una stagione passata a sudare per giungere a quel punto. Già perché i pali che hanno fatto la storia sono soprattutto dei mancati gol, delle non-marcature che avrebbero emesso un verdetto totalmente opposto, con risvolti futuri del tutto differenti. Pensate se Fabio Grosso avesse colpito l’incrocio e invece il pallone scagliato sulla traversa da David Trezeguet avesse colpito la parte inferiore per poi varcare la linea: si può rabbrividire al solo pensiero.
Ecco i principali non-gol che hanno cambiato la storia del calcio.

Mattia Destro (Roma-Lazio, Coppa Italia)

La finale che tutti ricordano per il gol di Lulic è anche la partita che nessuno rimembra per la traversa di Destro. Qualche minuto dopo la marcatura dei biancocelesti che ha deciso la partita consegnando la coppa ai biancocelesti infatti il Francesco Totti effettua un cross al veleno nell’area di Marchetti che Destro spizza di testa per l’1-1: peccato che il portiere della Lazio smamacci la sfera che colpisce la traversa facendo impazzire di gioia il pubblico biancoceleste: chissà se il 26 maggio adesso non sarebbe una data memorabile per la fazione opposta senza quel legno.

Antonio Conte (Juventus-Milan, Champions League)

Un’altra finale italiana, ma stavolta con in palio la coppa dalle grandi orecchie, finita in mano dei rossoneri dopo i calci di rigore. L’episodio che però è sicuramente nei ricordi dei tifosi juventini è quel pallone che nei minuti supplementari bacia l’incrocio dei pali e torna in campo facendo andare e tornare Dida dall’aldilà. Fu Antonio Conte a spizzare di testa in mezzo in modo perfetto, troppo perfetto per finire nella storia.

Rob Rensenbrink (Olanda-Argentina, finale mondiale ’78)

Vedendo una sua foto probabilmente commenterete: “Sembra Cruijff!“, ma fidatevi, se quel pallone che colpì il legno negli ultimi minuti di Olanda-Argentina fosse andato in porta consegnando il titolo iridato agli Orange forse sarebbe Cruijff a somigliare a Rensembrink. Invece non è stato così e l’Argentina ha dilagato nei minuti seguenti, così per conoscere Rob Rensembrink oggi bisogna cercare nelle enciclopedie, dove forse troverete anche questo palo storico, che se avesse concesso al pallone di entrare forse avrebbe avuto anche delle ripercussioni politiche, visto che il regime che in quei tempi incombeva in Argentina puntava fortemente su questa finale per una questione mediatica.

Pelè (Brasile-Uruguay, Coppa del Mondo ’70)

Lo ha detto lo stesso Pelè, il gol più bello di O’Rey è quello che non ha mai realizzato. Non influì nel destino della partita perché il Brasile vinse lo stesso per 3-1, ma comunque è un non-gol che se fosse finito in rete avrebbe fatto la storia come la marcatura nata da una delle idee più geniali mai viste nella storia di questo sport. Solo Pelè poteva pensare di non toccare quel filtrante che lo lasciò da solo davanti all’estremo difensore. Risultato, palla che continua a scorrere e portiere che stramazza al suolo, con O’Rey pronto a scagliare a porta vuota. Così andò, ma la sfera fece appena la barba al palo finendo fuori in quello che non è solo un rimpianto di Pelè, ma di tutti gli amanti dell’estetica e dei bei gol.

David Trezeguet (Italia-Francia, Finale Mondiale 2006)

Il non-gol che nessuno ha dimenticato, né i francesi, né noi, in quello che è un dolce paradosso della storia. Con buona pace di David Trezeguet che calciò quel rigore, probabilmente mezzo mondo focalizzerà nitidamente il modo in cui la palla colpì la traversa finendo di nuovo in campo con conseguente esultanza con pugno in alto di Buffon. E’ forse l’evento che insieme al sinistro potente di Fabio Grosso scrisse la storia della nazionale italiana, perché dove c’è chi vince c’è sempre chi perde, per un rigore decisivo ce n’è sempre uno sbagliato in precedenza, prima del gol c’è sempre un palo da superare.