Ma al colloquio avevate detto di volere un falciatore, no?
Deve essere andata così quando Vittorio Chiusano chiese a Paolo Montero spiegazioni per il record in assoluto di cartellini rossi appena stabilito dal difensore uruguaiano in Serie A.
Questione di una lettera o di una tibia, perché tanti altri oltre il calciatore della Juventus hanno confuso i ruoli preferendo il legame con la rotula altrui piuttosto che col pallone.

Questo perché probabilmente esiste una vera e propria vocazione o un vero e proprio ruolo a parte che contraddistingue gli uomini dalle belve, in questo caso, bestie da prato verde, con l’erba bassa che gli permette di focalizzare bene le prede indifese e andarsi a guadagnare l’agognato pasto: il cartellino rosso.
Da sempre in grado di arrivare alla pancia del pubblico, anche se non dotati di un gran talento, le loro gesta si tramandano di generazione in generazione. Insomma, più che giocatori di calcio, nell’immaginario comune i falciatori sono simili a creature mitologiche.

Va specificato però che qualcuno ci ha rimesso, perché tanti hanno rischiato di concludere la loro carriera in seguito a un contatto un pò troppo ravvicinato con loro. Guai, a sostenere discussioni con un falciatore, o forse anche solo a superarlo palla al piede: nessuno ci è mai riuscito senza vedersi soffiare il pallone, o, nella peggiore delle ipotesi (la più ricorrente), ruzzolare a terra doloranti.
E’ la parte dura del calcio, la parte maschia che talvolta fa pagare pegno, ma che ricorda un po’ a tutti che si tratta pur sempre di uno sport passionale, che non si può vedere serenamente seduti con un ventaglio e un binocolo. Qualcuno quella parte deve pur farla e loro si sono “sacrificati” nel ruolo.
Calciatori o falciatori? Per i personaggi seguenti la scelta è stata facile.

Pepe

Un esordio “di tutto rispetto” se parliamo della sua entrata tra i falciatori per eccellenza. Non solo un fallo da carcere su Casquero, non contento, l’ex difensore del Real diede una cinquina in faccia agli avversari del Getafe che provarono invano a difendere il loro compagno di squadra. Sarebbe bastato solo questo per rientrare tra i più cattivi: il pestone a Messi e la testata a Müller sono una sorta di certificato.

Andoni Goikoetxea

Soprannominato “Il macellaio di Bilbao“, se fosse stato per lui Diego Armando Maradona avrebbe appeso gli scarpini al chiodo molto prima. Quelli che invece lui indossava nel momento in cui falciò El Pibe de Oro sono appesi al chiodo da un bel po’ in una teca. “Non le conservo come un trofeo“, avrebbe detto. Giustificabile, viste le otto giornate di squalifica rimediate in seguito.

Nigel De Jong

Ricordato più per i colpi di karatè che per le belle giocate, l’olandese ha però anche un bel coraggio: quello che serve per entrare a scarpino teso sul petto di un avversario in una finale mondiale.
Per maggiori informazioni chiedete a Xabi Alonso.

Claudio Gentile

Claudio Gentile marca Zico durante un match di Serie A

Come Gentile su Maradona“.
Sì, esiste anche un detto sulla marcatura strettissima, quasi ossessiva dell’ex difensore della Juventus e della Nazionale sull’attaccante argentino nello storico mondiale dell’82.
Forse il più bravo coi piedi tra tutti quelli citati, ma di lui si ricorda soprattutto la foga nel marcare l’avversario.
Vuoi seguirmi anche in bagno?” gli avrebbe detto Maradona durante il famoso match.

Pasquale Bruno

E’ il Mario Rossi dei calciatori fallosi, il “Falciatore X” tra i falciatori.
Mai ricordato per le sue doti eccelse, sempre rimembrato dagli avversari per gli intervenenti sulle tibie e le frasi ingenerose.
Sul terreno di gioco sprigiono un’aggressività a me sconosciuta nella vita privata“, disse in un’intervista quando vestiva la casacca della Juventus. Frase fortunatamente vera, per la gioia dei parenti.

Gennaro Gattuso

Da uno che si fa chiamare “Ringhio” non ci si può aspettare certo un gioco pulito o dribbling ubriacanti. La sua fama non lo ha inseguito in panchina, dove allena con la stessa passione con cui giocava, ma per ora non ha ancora preso per il collo un allenatore avversario e dove invece si sta dimostrando un allenatore bravo, riflessivo e con la giusta dose di quoziente intellettivo necessaria al ruolo. Strano per chi dà credito al detto “tutto muscoli e niente cervello“.

Paolo Montero

Eccolo intento a strappare il pallone ad Eric Cantona, uno che se non fosse per la mole di gol segnati e per il talento cristallino sarebbe certamente tra i falciatori in quest’articolo.
Paolo Montero è l’emblema dei calciatori irruenti, il dio del pragmatismo difensivo: non gli importavano troppo faccende di lealtà (per sua ammissione), la vittoria era il suo obiettivo, anche a costo di spendere qualche cartellino rosso.
Ma a differenza di Pasquale Bruno, conservava lo stesso spirito d’iniziativa anche fuori dal campo, emblematico il racconto di Carlo Ancelotti, che lo allenò: “Tornavamo da Atene, avevamo appena fatto una figuraccia in Champions League contro il Panathinaikos ed abbiamo trovato ad aspettarci un gruppetto di ragazzi che non ci volevano esattamente rendere omaggio. Al passaggio di Zidane l’hanno spintonato ed è stata la loro condanna. Non a morte, ma quasi. Montero ha visto la scena da lontano, si è tolto gli occhiali con un’eleganza che pensavo non gli appartenesse e li ha messi in una custodia. Bel gesto, ma pessimo segnale, perché nel giro di pochi secondi si è messo a correre verso quei disgraziati“.

Alessio De Paolis