Il Milan gioca mezzo derby, nel senso che si desta soltanto nel secondo tempo, dopo avere preso sberle nella prima frazione, non tanto nel risultato, ancora stretto, quanto nell’atteggiamento. Gattuso e i suoi non capiscono che il jolly Vecino spiazza e smazza qualunque idea di ordine tattico rossonero, l’uruguagio spunta puntualmente a ridosso dei centrocampisti e dell’unica punta, Martinez, e così il disegno di gioco dei rossoneri entra in confusione.

Accade così che Pjatek si travesta da Higuain, non riceva un pallone decente e quando questo si appalesa lui lo perde contro quel monumento di difesa che si chiama Skriniar. Il Milan a due face sbaglia, dunque, il derby che avrebbe dovuto vincere, non dico dominare e concede il palcoscenico a un avversario smarrito, tra risultati negative e grane interne. Il diavolo non veste derby e si fa male da solo, fragile nel brasiliano Paquetà che pensa di essere sulla spiaggia di Rio o al carnevale carioca e si limita a giocate di folklore e mai di tigna e di sostanza.

Suso galleggia sulla fascia destra, Chalanoglu fa il turco ma non brilla per lucidità, difesa stranamente in ansia e affanno, Donnarumma fa il portiere da spiaggia sul primo gol di Vecino, il cross di Perisic lo vede con gli occhi al cielo scuro di Milano e il successive tocco di testa di Martinez lo trova addirittura dentro la porta a tuffarsi, in postura anche ridicola.

Dopo una prima fase negative il Milan si è rialzato, uscito Paquetà e poi Kessie che ha avuto un tumulto con Biglia in panchina (probabili questione di colore di pelle?) ha giocato di cuore e di pancia ma nel momento in cui sembrava riacciuffare la partita si è messo in castigo con il rigore. Finale di grande passione e tormento, Inter eroica come mai vista quest’anno, Milan all’arrembaggio ma sempre con il limite di Piatek, mai presente sul serio.

Derby amaro, allora, derby senza significato per il popolo rossonero se non quello di avere offerto sei punti ai sedicenti cugini cinesi.

Tony Damascelli