In diretta a Un giorno speciale con Francesco Vergovich, in compagnia di Marco Guidi e Sigrido Ranucci, Francesco Greco, figlio dell’ex imprenditore di Gela che ha avuto il coraggio di denunciare i suoi estorsori.

A parlare ai nostri microfoni di Rocco Greco, imprenditore di 57 anni che si è tolto la vita lo scorso 27 febbraio, e della drammatica odissea giudiziaria che ha visto protagonista l’uomo contro i boss mafiosi, è stato suo figlio, Francesco.

Tutto va contestualizzato nel periodo in cui sono avvenuti determinati fatti. Non dobbiamo dimenticare a Gela, negli anni 90, ci sono stati più di cento morti… pure i bambini avevano una pistola in mano e sparavano, non era facile vivere. Mio padre, nel 2007, ha avuto il coraggio di denunciare i suoi estorsori” ha spiegato Francesco Greco, ribadendo con fermezza a “Un giorno speciale” che il padre non è “stato l’ultimo, ma è stato il primo a farlo, e ha tirato dietro altri 7 imprenditori che hanno fatto lo stesso ed è stato un bel momento di rinascita per Gela. Da quel momento però, anche per lui è iniziato un calvario che è durato tanti anni: questi mafiosi, dalla loro gabbia, lo hanno accusato di essere un colluso, invischiato in tutta questa vicenda, e se lo sono trascinati dietro“.

All’interno di questo processo, dove lui accusava i suoi estorsori” ha proseguito l’uomo “loro, costruendo una tesi difensiva, hanno subito detto che erano d’accordo per spartire gli utili di questi appalti e, ovviamente, in primo, in secondo grado e in Cassazione sono stati condannati a molti anni di carcere. Dopodiché, dopo circa 3-4 anni, anche con molta superficialità dei magistrati inquirenti che hanno chiuso e riaperto poi le indagini, questo rinvio a giudizio a carico di mio padre era inammissibile. Viene riaperto, poi, un procedimento penale a carico di Rocco Greco e chiediamo il rito abbreviato perché mio padre voleva dimostrare, anche rinunciando a parte dei suoi diritti, di essere una persona onesta. E’ arrivata, difatti, subito l’assoluzione del giudice. Poi la Procura, senza dare nessun tipo di motivazione aggiunta e senza portare nuovi elementi, si è nuovamente appellata e, quindi, ora bisognava andare in appello, discutendo di vicende che si sono svolte 20 anni fa“.

Nel frattempo, anche la macchina burocratica si è messa di mezzo perché, in virtù di questo procedimento penale, viene fatta un’informativa anti mafia a carico della nostra società. La prima è arrivata dal Ministero dell’interno, perché avevamo chiesto di poter partecipare ai bandi della ricostruzione post sisma. La Prefettura ha inviato un’istruttoria e, citando dei fatti che non sono concreti e attuali, ci ha dato il semaforo rosso per poter partecipare a tutte le gare. Abbiamo, inoltre, visto rescissi i contratti d’appalto che avevamo in tutta Italia” ha raccontato Francesco Greco, aggiungendo che la mafia “ci mette del suo, ma lo Stato non fa abbastanza per difendere queste persone. Noi non abbiamo più potuto lavorare, mio padre non era libero di svegliarsi al mattino e di andare nei suoi cantieri. L’interdittiva è diversa da un sequestro giuridico: non permette alle aziende di poter contrarre con la Pubblica Amministrazione, quindi, in sostanza, potevamo lavorare ma non per la Pubblica Amministrazione“.

Tutto quello che ci consentirà la legge, lo faremo” ha detto in chiusura Greco, rispondendo a una domanda di Marco Guidi.