L’ex ministro dell’Interno è intervenuto questo pomeriggio a Lavori in corso con Stefano Molinari e Luigia Luciani.

Interpellato sulla tematica dell’immigrazione, Marco Minniti, ex ministro dell’Interno, è intervenuto telefonicamente durante la diretta di “Lavori in corso” con Stefano Molinari e Luigia Luciani. A seguito di un video, mandato in onda nel corso della diretta radiofonica, che pone in evidenza le dichiarazioni di Paolo Gentiloni in merito al lavoro svolto da Minniti sui flussi migratori, i due conduttori hanno posto delle domande all’ex ministro dell’Interno.

Stefano Molinari: L’azzeramento, o quasi, dei flussi migratori, di cui ne fa vanto Matteo Salvini, sarebbe solo ed esclusivamente merito Suo, Minniti. E’ un merito che raccoglie da Gentiloni?

Secondo me è un risultato dell’Italia. Io sono più portato a pensare al nostro Paese con grandi risultati, testimoni di un grande patrimonio. I dati sono sotto gli occhi di tutti: il 31 maggio, quando c’è stato il cambio di governo, gli arrivi nel Mediterraneo centrale erano diminuiti del 75%, dalla Libia dell’85%. Sono dati incontrovertibili, in questo caso dati da Viminale, indipendentemente da chi sia il ministro in carica. Tuttavia, il problema è esattamente questo, quel tipo d’intervento che aveva una finalità di fondo, ovvero quella di mostrare che una grande democrazia è capace di governare i processi. Non insegue l’emergenza, ma governa i processi, soprattutto sul terreno di quelle che sono grandi questioni epocali, come i flussi migratori che non possono essere cancellati. Una reale democrazia può e deve governarli tenendo insieme due princìpi: il principio della sicurezza dei cittadini e il principio dell’umanità. Se facciamo come stiamo facendo in queste settimane, mesi e giorni, e mettiamo in contrasto il principio di sicurezza e di umanità, penso che rischiamo di perdere un pezzo importante dei nostri valori e un pezzo importante della nostra democrazia. Questo è un ragionamento di fondo che va fatto, e tutto quello aveva, però, una strategia ed era quella di governare i flussi migratori, contrastare gli scafisti, lavorare per stabilizzare la Libia, costruire corridoi umanitari per coloro che hanno diritto alla protezione internazionale per farli arrivare in Italia, e non attraverso gli scafisti ma tramite i canali ufficiali del nostro Paese, con i voli dell’Aeronautica Militare. Tutto questo temo che venga messo seriamente in discussione.

La parola integrazione” ha proseguito Minniti “non è soltanto una parola che raccoglie un fortissimo valore umano. E’ una cosa che ha a che fare molto con le politiche di sicurezza. Con le scelte che noi stiamo facendo, ovvero di cancellare dalla legalità migliaia di persone (Decreto Sicurezza Salvini, n.d.r), di spingerle verso l’illegalità, stiamo percorrendo la strada che altri paesi europei hanno già percorso molti anni fa. Si sono costruiti, poi, quartieri ghetto, quartieri in cui la singola polizia non riusciva ad entrare, e tutti pensavano che il modo di nascondere tutto sotto al tappeto stava funzionando. Poi è successo, ad un certo punto, che dai quartieri sono partiti dei giovani che hanno preso lo zainetto e ci hanno messo, al posto della colazione, un kalašnikov e del tritolo e hanno fatto degli attentati in giro per l’Europa. Questo è il problema fondamentale: quello che è successo in Europa nella lotta contro il terrorismo non viene, nella stragrande maggioranza, da persone che vengono dalla Siria o dall’Iraq. I responsabili di quegli attacchi sono i figli dell’Europa, i figli di una sbagliata o mancata integrazione. Un paese che integra è un Paese attento al suo presente e al suo futuro, e investe nella propria sicurezza.

Luigia Luciani: Onorevole, Lei resta convinto, quindi, che questo governo si stia muovendo solo sul piano dell’ordine pubblico e questo sta prendendo sempre più piede in termini di consenso?

Penso che questo governo lo stia facendo con una visione molto tattica, cioè perseguendo il consenso immediato in una dimensione, oserei dire, meramente propagandistica. Non ci si illuda: l’idea di gestire la questione della sicurezza, che è un grande tema del Paese e l’Italia deve sempre affrontare con un filo unitario, in termini propagandistici può apparire appagante sul terreno del consenso, ma può immediatamente capovolgersi nel suo opposto. Si predica sicurezza e si può ottenere esattamente l’opposto, ma lo si fa dividendo il paese, come stiamo facendo in questo momento, e isolando l’Italia nella dimensione internazionale.

Stefano Molinari: Cosa non Le è piaciuto delle immagini che sono state viste dello sgombero al Cara di Castelnuovo di Porto, sgombero che era, tra l’altro, previsto quando Lei era ministro?

Noi siamo intervenuti per diminuire il numero, perché il numero molto alto rendeva difficile le politiche d’integrazione, tenendo conto che, dentro quel centro, c’erano politiche che funzionavano e che avevano prodotto un dato: c’erano molti ragazzi che andavano a scuola ed erano pienamente inseriti dentro il tessuto sociale. Era previsto un istituto che era presente soltanto in Italia, che si chiama Protezione umanitaria, ed era dentro un quadro equilibrato di doveri, e tu davi una possibilità d’integrazione a coloro che arrivavano nel nostro Paese. Interrompere tutto questo con un decreto, con un atto ostativo che rende qualunque percorso di vita interrotto, significa buttare la vita di decine di persone. Si fa uno sgombero in un centro così integrato nel territorio e non s’informa il sindaco di quel territorio?”

Ho considerato, nei miei sedici mesi di governo, i sindaci come i miei migliori alleati, di qualunque partito fossero. La politica di sicurezza e d’integrazione, senza i sindaci, non si può gestire, e men che meno si possono definire i sindaci dei traditori” ha aggiunto l’ex ministro dell’Interno.

Luigia Luciani: Recentemente diversi sindaci, rispetto ai casi delle Ong e della Sea Watch, si sono uniti, alcuni appartenenti al PD e altri no, e sono andati contro il decreto Salvini. Questa cosa, quindi, non l’ha sorpresa…

Hanno sollevato delle questioni di costituzionalità del decreto, che io stesso ho sollevato. Che ci siano problemi di costituzionalità non è una cosa che scopriamo, tra virgolette, dalla sera alla mattina: è stato un forte elemento di discussione in parlamento e anche nel Paese. Il fatto che alcuni sindaci e alcuni presidenti di regione dicano di voler fare ricorso, affinché la Corte Costituzionale possa pronunciarsi, lo ritengo un diritto.

Stefano Molinari: Ieri i suoi colleghi di partito hanno utilizzato l’aggettivo nazista per definire l’operazione a Castelnuovo di Porto. Lo userebbe anche Lei?

“Ripeto quello che penso, ossia che questi interventi non sono operazioni di polizia. Insisto anche nel dire che, sul terreno dell’integrazione, non c’erano problemi di numeri drammatici che portavano a scelte di questo tipo. Avendo avuto meno ingressi nel nostro Paese, ci si poteva concentrare e gestire le politiche d’integrazione. Aggiungo anche, nel decreto, si cancella anche l’accoglienza diffusa e si dà un colpo, così, anche ai sindaci che si erano assunti delle responsabilità. Tecnicamente è un capolavoro dell’insicurezza, e mi auguro che ci si fermi, guardando gli interessi del Paese.

Stefano Molinari: Lei ritiene che il ministro Salvini e questo governo abbiano intenzione di fermarsi?

Voglio fare presente che queste scelte sono state già fatte in altri paesi, con l’idea di rendere più sicure le comunità, come nel caso del quartiere di Malbec a Bruxelles, che era diventato, di fatto, terreno di extra-territorialità. Quando si spingono centinaia o migliaia di persone all’illegalità può succedere che si perda il controllo del territorio, ed è questo che noi rischiamo.

Luigia Luciani: Come si fa Onorevole, allora, a mettere insieme controllo e il risanamento del territorio?

Se noi vogliamo garantire la sicurezza sul territorio dobbiamo tenere conto di due princìpi: controllo e risanamento del territorio. Il rapporto tra Stato e sindaci è un rapporto cruciale perché una piazza sia sicura, indipendentemente dal colore delle casacche. L’idea sulla quale bisogna lavorare è che ci sia una cooperazione strategica tra lo Stato nazionale e i sindaci sul territorio e non abbandonare i sindaci a se stessi. La sensazione che i sindaci hanno avuto è quella di essere stati abbandonati a loro stessi. Lo dice uno che, quando era al Ministero, incontrava tutti i sindaci, non solo quelli del suo partito, perché il ministro dell’Interno è un ministro un po’ particolare: è espressione di una parte politica ma, per il ruolo che ha, deve godere della fiducia dell’intero Paese. Guai se un ministro dell’Interno appare come un ministro di parte, perché può procurare, in una democrazia, danni particolarmente rilevanti.