Pallotta è il presidente della Roma. Pallotta molto sinteticamente ci fa sapere: “Sono disgustato”. Non una parola in più. Dovendo interpretare, direi che è disgustato dalla situazione. Dunque anche da se stesso, attore protagonista di questo brutto, triste, drammatico, film sulla Roma. È stato lui a lasciar partire tre giocatori della squadra che giunse alle semifinali di Champions, non io, che piuttosto avrei investito su un paio di campioni il tesoro europeo.

Disgustato anche dal consigliere sempre assente Baldini? Disgustato da Monchi, che a Roma ormai chiamano il cassiere di Siviglia? Chi ha chiesto al cassiere di spendere montagne di soldi in doppioni o ragazzi di cui si sono perse le tracce? Il presidente, l’uomo in capo, si deve presumere, che, comunque, avendo taciuto come minimo assentiva.

Disgustato da Eusebio di Francesco, dalle sue frenetiche scelte di uomini e di moduli? Devo pensare di sì, sempre che qualcuno abbia fornito spiegazioni tattiche al presidente, esperto di tutto, ma non di calcio.
Mi fermo sul tecnico. Quando tutti i giornali escono con la rosa dei candidati alla successione si stanno verificando due situazioni: 1) l’allenatore è cotto e mangiato (i calciatori fiutano il vento) 2) i nomi escono dall’interno della società. Eusebio è difficilmente difendibile. Ha dato da subito la sensazione di non tirarci fuori le mani: giocatori sbagliati, giocatori spariti, giocatori dal carattere bizzarro. Il tecnico è ancora alla ricerca di una soluzione e confessa in tv la propria incapacità.

Pallotta, infine, disgustato anche dai calciatori? Se sì, salva Eusebio, ma affossa Monchi. Una strada percorribile? Sì, secondo me: qui non ci sono innocenti, ma solo colpevoli.
Di questo si parlerà nel mezzo ritiro trigoriano. Mancheranno, peccato, uomini fondamentali, uno in particolare: il disgustato Pallotta.

Intanto la Roma ha solo quattro squadre sotto di sè in classifica. Intanto, però, è attesa da tre partite all’Olimpico. E con questi chiari di luna, tutto è possibile, in un senso o nell’altro.