In una lettera accorata, una nonna di otto nipoti denuncia ciò che definisce un vero e proprio ‘orrore educativo’: nelle scuole dell’infanzia, grazie ai fondi del PNRR, stanno comparendo in massa tablet e dispositivi elettronici.
Parliamo di un cambiamento che, secondo lei e secondo molti esperti, rischia di allontanare i bambini da quel percorso di crescita naturale che dovrebbe prepararli a diventare adulti consapevoli, creativi e capaci di attenzione profonda. Siamo davvero sicuri che la soluzione per migliorare l’istruzione dei più piccoli passi dall’anticipare la digitalizzazione, invece che dal rafforzare le basi del loro sviluppo?
L’importanza della socialità
Arianna Fioravanti, Docente di Lettere, ricorda in diretta come, durante i mesi più duri della pandemia, i ragazzi siano stati chiusi nelle loro stanze mentre fuori il mondo si fermava. Le scuole erano vuote, le piazze silenziose, e quella socialità che per un adolescente è ossigeno si era improvvisamente dissolta. In quel vuoto, molti giovani si ritrovarono soli con i propri pensieri e con uno schermo acceso come unica compagnia. Il tempo passato davanti a smartphone e dispositivi cresceva di pari passo con il senso di isolamento, mentre aumentavano i segnali di disagio: ricoveri, gesti autolesionistici, storie spezzate troppo presto. È per questo che lei vede con estrema chiarezza il pericolo dell’abuso tecnologico: lo ha già intravisto in quel periodo sospeso, in cui la distanza forzata ha fatto emergere fragilità che spesso non vogliamo guardare.
Il Nord Europa, verso il progresso
Riprende il discorso con tono fermo Giorgio Bianchi, portando un esempio che arriva dal Nord Europa: la Svezia. Dopo anni di scuola digitale sta progressivamente eliminando tablet e schermi, tornando a lettura e scrittura per combattere deficit di attenzione e apprendimento. Ricorda che progresso e tradizione vanno bilanciati: la tecnologia è uno strumento prezioso, ma l’abuso rischia di sostituire passaggi fondamentali nello sviluppo dei bambini, come la scrittura manuale. Serve prudenza, e non è un caso che persino i leader del mondo digitale proteggano i propri figli dall’eccesso di schermi.










